Da anni, a fine primavera, i centri missionari di San Martino in Rio e di Imola celebrano il mondo missionario con due speciali Feste di Primavera, occasione per conoscere testimoni e realtà stimolanti, come è accaduto ai tanti che hanno incontrato don Luca Montini.

a cura di Saverio Orselli

 Cuore pieno, un piede in meno

Un percorso e una testimonianza di fede

 di Sara Surano
volontaria del gruppo missionario di San Martino in Rio

 Ci troviamo nel bel mezzo dell’anno giubilare e nei mesi scorsi, pensando a quale testimonianza portare sul tema della speranza alla Festa di Primavera 2025,

ci è venuto in mente don Luca Montini: un giovane prete di Brescia, missionario in Kenya per diversi anni, con una storia di una potenza disarmante che ha raccontato nel libro Con un piede in paradiso.

 Non sono più sola

Don Luca ha accettato il nostro invito e sabato 7 giugno abbiamo avuto la fortuna di ascoltarlo e conoscerlo. In queste righe proverò a restituire a voi che leggete quello che le sue parole hanno lasciato a me, alla luce del mio percorso di fede un po' particolare ma anche alla luce del cammino che il gruppo missionario di San Martino in Rio sta facendo.
Il primo momento in cui abbiamo ascoltato le parole di don Luca è stato quello dell’omelia durante la messa di Pentecoste del sabato sera. In quei dieci minuti sono subito arrivati forti e chiari due messaggi: lo Spirito Santo è quello che ci fa riconoscere che tutto quello che c’è è un dono che viene da Lui e chi riceve e riconosce questo dono riceve anche uno slancio nuovo; ma lo Spirito Santo ci fa anche riconoscere che siamo figli amati a prescindere, che non ci siamo dovuti meritare l’amore di Dio Padre e che tutto ciò che ci è chiesto è tenere lo sguardo fisso su di Lui, gridando al mondo che c’è qualcosa di grande per cui vale la pena spendersi e dare le nostre vite, qualcosa di più grande di quattro soldi in tasca o della carriera.
Si potrebbero aprire infinite riflessioni su queste parole, ma quello che a me è venuto in mente quando le ho ascoltate è stato il momento in cui ho vissuto la grazia di ricevere il dono della Cresima e le motivazioni che spingono il gruppo missionario di cui faccio parte a camminare. A differenza di quanto accade solitamente, io ho scelto di ricevere il sacramento della Confermazione a 28 anni, poco prima dello scorso Natale, dopo un percorso fatto di tante tappe che, ai tempi, non sapevo mi avrebbero condotta fin qui. Devo dire che quello “slancio nuovo” di cui parla don Luca l’ho sentito tutto: i giorni successivi al sacramento ho avuto come la sensazione di non essere più “sola” ma di avere qualcuno che da quel momento avrebbe camminato insieme a me, perché lo avevo lasciato entrare nella mia vita e nel mio cuore. Ho sentito un po' alla volta la necessità sempre più forte di avere un contatto quotidiano con la Parola e col Signore e ho iniziato a vivere con ancora più spirito di servizio l’essere parte di un gruppo missionario. Gruppo che credo abbia compreso in questi anni di cammino insieme che c’è davvero qualcosa di grande per cui vale la pena spendersi e per cui vale la pena donare il proprio tempo: altrimenti cos’è che ci spingerebbe ogni giovedì sera a trovarci anche se stanchi dopo una giornata di lavoro? Probabilmente nient’altro se non la gioia di poter condividere nel nome del Signore momenti ed esperienze di fraternità che ci fanno crescere e ci fanno mettere a servizio dell’altro.

 Ma cos’è che ci fa sentire vivi?

Dopo la messa e la cena è arrivato finalmente il momento della testimonianza: credo che chiunque abbia ascoltato don Luca quella sera sia rimasto rapito dalla sua storia, dalle sue parole dirompenti e si sia lasciato interrogare dalle suggestioni che ci ha portato. Vorrei porre l’attenzione su alcuni passaggi del cammino della sua vita che mi sono rimasti particolarmente impressi, anche per le riflessioni che hanno suscitato in me.
Durante il periodo che ha passato in università a Milano in attesa di capire se la sua strada fosse davvero quella della consacrazione, un amico del liceo si toglie la vita… è come se con quel gesto, dice don Luca, lui avesse voluto gridare che, se la vita era solo quello, a lui non bastava. E allora da quel momento arriva una domanda: «Per cosa vale la pena vivere?». La risposta di don Luca è stata la decisione di voler prendere sul serio l’ipotesi della vocazione cominciando a viverla quotidianamente e, nel rinunciare alla sua vita di prima, si è scoperto molto più felice di quello che era.
Noi ci chiediamo mai per cosa vale la pena vivere? Sono davvero dei vestiti nuovi o una bella carriera a farci sentire vivi? La risposta che mi sono data io è no… se ripenso ai momenti in cui mi sono sentita davvero appagata e in cui ho pensato che la vita è qualcosa di incredibile, nessuno di quelli aveva a che fare con i soldi, la carriera o il vestito nuovo. Erano tutti momenti fatti di relazioni, di servizio, di fraternità, di vicinanza al Signore.
Poco dopo essere diventato prete, don Luca viene mandato in missione in Cile e poi in Kenya, dove gli è stato chiesto di dirigere un ospedale. In quella esperienza ha sentito lo strumento che Dio gli ha donato per rendere più concreta la sua fede, per fargli capire cosa voleva dire servirlo nel concreto attraverso il prossimo che gli veniva donato.
Sentendo queste parole, mi è venuto da chiedermi quale fosse lo strumento che mi è stato donato, almeno inizialmente, per rendere più concreta la mia fede. Non ho avuto molte esitazioni nel pensare alla scelta di far parte di un gruppo missionario: quando ancora la Cresima era per me qualcosa di molto lontano, erano proprio le azioni concrete come le raccolte alimentari o il volontariato all’interno del Centro Missionario a farmi sentire la presenza del Signore e ad aiutarmi ad aprirgli il cuore.

 Dio non si accontenta di accontentarti

La parte centrale della testimonianza è l’incidente e tutto quello che ne è conseguito. Don Luca mentre è in Kenya ha un incidente che lo porta all’amputazione di metà gamba. Prima dell’intervento avvenuto in Italia, su suggerimento di una suora, prega con fede chiedendo un miracolo ben preciso: che la sua gamba possa guarire per evitare l’amputazione. Le cose non vanno come aveva sperato e a quel punto tutta la sua vita gli sembra una presa in giro: se non fosse entrato in seminario non sarebbe andato in Cile, se non fosse andato in Cile non sarebbe stato trasferito in Kenya e così via fino ad arrivare all’incidente e alla conclusione amara: che Dio da sempre lo aveva preso in giro. Tanto da arrivare a pensare di essere la prova concreta del fatto che «se Dio c’è, non gliene frega niente».
È in quel momento, però, che gli piomba dal cielo un passo del vangelo su cui non aveva mai riflettuto: «Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra?» (cfr. Lc 11,11-13). La prima risposta che viene da dare è che nessun padre potrebbe fare una cosa del genere, ma don Luca ci ha fatto riflettere sul fatto che non è proprio così. Se il padre vuole davvero bene al figlio, gli darà quello che è meglio per lui anche se non si tratta di quello che ha in mente. Così allora ha agito Dio nella vita di don Luca, non dandogli mai quello che per sé aveva preventivato ma quello che poteva portarlo alla vera felicità: è lui stesso a dire che la sua vita è stata tutta una serie di imprevisti che però gli hanno riempito il cuore. Non avrebbe mai pensato di entrare in seminario, voleva andare in Siberia e lo hanno mandato in Cile e poi in Africa, lì voleva fare l’insegnante e invece ha diretto un ospedale. Dio gli ha sempre dato qualcosa di diverso da quello che aveva in mente ma che si è sempre dimostrato più utile di quello che aveva in mente lui.
Quello che ci viene chiesto allora è abbastanza chiaro: dobbiamo imparare a fidarci di Dio. Dobbiamo imparare ad affidargli la nostra vita mantenendo il cuore aperto e in continua ricerca: se non abbiamo un cuore che chiede qualcosa non vedremo accadere niente. Se cinque anni fa non mi fossi lasciata provocare dalle sensazioni avute dopo aver ascoltato il primo Rosario della mia vita, non sarei mai andata in missione e oggi non sarei qui a scrivere questo articolo.
Pensando alle parole di don Luca e al nostro percorso, auguro a tutti noi di camminare con il cuore aperto, pieno di domande e con lo sguardo sempre rivolto al Signore: se ci lasciamo guidare da Lui possono accadere cose meravigliose!

 

Segnaliamo:
DON LUCA FONTINI
Con un piede in paradiso
Passione Scrittore,
pp. 86