In questo tempo di Festival non c’è solo quello Francescano che vale la pena raccontare: tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, a Milano, è stata la Missione a essere celebrata, per la seconda volta, in un Festival aperto a tutti e dal titolo significativo, Vivere perdono, a cui ha partecipato il segretario delle missioni dell’Emilia-Romagna.

a cura di Saverio Orselli

 Finché c’è missione: vivere!

Il Festival della Missione a Milano 

di Matteo Ghisini, segretario delle missioni


 Il Festival della Missione a Milano

«Ci troviamo domani alle colonne di san Lorenzo!» era l’avviso che circolava alla fine dell’incontro che i frati avevano vissuto nel pomeriggio del 30 settembre presso la Chiesa Rossa di Milano.

In quel pomeriggio, infatti, i responsabili di molti centri missionari che i Cappuccini hanno in Italia si erano dati appuntamento a Milano, proprio in concomitanza con la seconda edizione del Festival della Missione che si svolgeva alle colonne di san Lorenzo dal 29 settembre al 2 ottobre 2022.
Dall’Emilia-Romagna eravamo quattro frati. L’intento era di vivere un primo momento riservato ai Cappuccini che lavorano o che hanno a cuore l’animazione missionaria in Italia: avviare un laboratorio dove confrontare le esperienze e provare a indicare un percorso da affrontare nei prossimi anni. Molto significativo l’ambiente che ci accoglieva: una fraternità cappuccina dedita al dialogo interreligioso, dove i frati portano avanti percorsi dove giovani cristiani e mussulmani fanno convivenze periodiche, riflettendo su tematiche legate alla fede. La missione è anche qui.

 Vivere perdono

L’esperimento è riuscito: una ventina di frati hanno dapprima lavorato insieme un pomeriggio per individuare potenzialità e fragilità del contesto attuale, con la presenza anche di alcuni componenti della curia generale che sono addentro al mondo della missione e della solidarietà economica, in modo da avere un punto di vista più ampio di quello solo italiano. A conclusione di questo avvio di lavoro laboratoriale, siamo confluiti nell’evento del Festival.

Il secondo momento prevedeva la partecipazione al Festival. Terminato il nostro incontro fratesco, abbiamo passato il week-end alle colonne di san Lorenzo, luogo strategico scelto come piazza per il Festival. Ci hanno raggiunto da san Martino in Rio alcuni laici vicini al mondo missionario, accompagnati da padre Livio. Avevo partecipato alla prima edizione a Brescia nel 2017, che mi aveva favorevolmente colpito per la qualità degli interventi e per la vivacità della diocesi di Brescia nell’ambito missionario. Anche la seconda edizione del Festival non ha tradito le attese. Il titolo quest’anno era “Vivere perdono” e i promotori erano: la conferenza degli istituti missionari italiani, Missio della conferenza episcopale italiana e la diocesi di Milano (che ospitava l’evento). Evento ben organizzato, con ospiti di rilievo, buona la partecipazione. Il Festival ha affrontato alcune tematiche care al mondo missionario: quello della economia, della geopolitica, del martirio, della cura della terra, del dialogo e dell’ospitalità.
Tra gli incontri a cui abbiamo partecipato evidenzio sicuramente quello dedicato al martirio. Era presente Christian Carlassare, comboniano, consacrato vescovo in Sud Sudan a 43 anni dopo aver subito un attentato che lo ha costretto a una lunga riabilitazione. Ha parlato dell’importanza del perdono. Poi è stata la volta di Zakia Seddiki, vedova dell’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in Congo nel 2021. Zakia di origine marocchina, di fede mussulmana, ha portato una testimonianza di pace e di riconciliazione interreligiosa. Infine è stata la volta di Pier Luigi Maccalli, missionario dal 2007 in Niger, dove nel settembre 2018 è stato sequestrato dai jhadisti e tenuto ostaggio fino alla liberazione, avvenuta nell’ottobre del 2020. Pier Luigi ha sintetizzato i due anni di sequestro attraverso alcune domande fatte a Dio: dal «perché mi hai abbandonato?» dei primi giorni, pian piano è arrivato fino al «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno». È stato proprio nell’ultimo giorno di detenzione che Pier Luigi è riuscito a dire al capo dei terroristi: «Che Dio ci dia un giorno di capire che siamo tutti fratelli!», offrendogli il perdono.

 Oltre l’economia che uccide

Un altro evento molto interessante è stato quello dedicato all’economia. Il titolo era molto suggestivo: «Oltre l’economia che uccide». Tra gli ospiti non poteva esserci maggiore diversità di provenienza: un economista e senatore a vita (Mario Monti), una suora (Alessandra Smerilli) e un attivista indigeno brasiliano (Adriano Karipuna). Adriano ha portato la testimonianza della sua gente e della sua terra – l’Amazzonia – provata e mortificata da interessi economici e da politiche spregiudicate. Suor Alessandra ha riportato l’esperienza come segretario del Dicastero per il servizio umano integrale legata soprattutto alla “economia di Francesco”, avventura iniziata appena prima che arrivasse il Covid e poi continuata con incontri on-line: alcuni giorni prima del Festival si è tenuto il primo incontro in presenza ad Assisi di un migliaio di giovani economisti e imprenditori. Sono circa duemila persone da tutto il mondo che hanno risposto all’invito del papa per rifondare una nuova logica economica. Quello che mi ha colpito è che, alla fine dei due interventi, il professor Monti – che era ancora presidente della Università Bocconi – si è rivolto al pubblico dicendo: «In pochi minuti abbiamo sentito due testimonianze semplici ma disarmanti di persone concrete che si rimboccano le maniche, dall’Amazzonia e da Assisi, che veramente devono far riflettere ciascuno di noi. È bene il chiedere, a volte il protestare, ma questo non toglie la responsabilità individuale del cercare di fare qualcosa. E loro stanno facendo qualcosa di grande». E poi ha delineato quali sono secondo lui gli aspetti che qualificano una economia buona rispetto a quelli che la fanno diventare mortifera.

 Arte di vivere

Molto spumeggiante l’incontro sull’arte di vivere, che ha visto un confronto tra spiritualità, scultura moderna e letteratura. Hanno molto colpito le parole di Guidalberto Bormolini, consacrato e sacerdote in una comunità di meditazione cristiana (i “ricostruttori nella preghiera”). Egli ha fatto diversi riferimenti alle connessioni tra corpo e vita spirituale, all’importanza della meditazione per l’uomo e la donna di oggi e di sempre. In questo ha dialogato con l’artista Jago, molto conosciuto anche tra i più giovani per le sue opere e con Daniele Mencarelli, poeta e narratore.
La domenica pomeriggio infine ci siamo ritrovati nel duomo di Milano, per la celebrazione conclusiva presieduta dall’arcivescovo Delpini, animata da diversi cori di giovani di diverse realtà ecclesiali della diocesi di Milano.
«Torniamo alla Chiesa Rossa» ci siamo detti alla fine della celebrazione. Convinti di aver fatto una esperienza molto significativa, di chiesa viva in cammino, ripartiamo col desiderio di “vivere perdono” nelle nostre case, nei nostri conventi. La missione continua.

 

 

 

All’età di 86 anni di cui 56 di missione, all’inizio dello scorso novembre, p. Domenico Bertogli ha lasciato Antakya, l’antica Antiochia sull’Oronte, dove era arrivato missionario alla fine del 1987; proseguirà nel servizio nella chiesa cattolica di santo Stefano a Yeşilköy, a 20 chilometri dal cuore di Istanbul. «Non rattristiamoci. Coraggio, siamo tutti in cammino verso il Signore risorto», ha scritto nella lettera di congedo alla amata comunità. Messaggero Cappuccino, nel ringraziare p. Domenico per la lunga e intensa testimonianza missionaria, gli augura di continuare per lunghi anni a essere testimone della fede cristiana in Turchia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giusy Baioni,
Nel cuore dei misteri,
Ed. All Around, 2022

 

 

 

 

È impressionante il numero di stranieri ammazzati in Burundi nel corso degli anni. Molti di loro italiani. Religiosi, certo, ma anche volontari o funzionari nell’esercizio del proprio lavoro. Nessuno se ne è mai occupato. Le autorità ecclesiastiche si sono limitate a farne dei martiri, quelle civili non avevano tempo e interesse per chiedere giustizia.

 

 

 

 

Giusy Baioni, giornalista free lance e collaboratrice di MC,
presenta qui il risultato di una lunga, accurata e coraggiosa
inchiesta sull’uccisione di tre missionarie nel Burundi delle impunità.