Dal 17 al 19 febbraio si sono trovati insieme a San Marino i frati dell’Emilia-Romagna, della Toscana e delle Marche: tre giorni importanti per conoscersi in vista della futura unificazione.
Ricordiamo anche fra Gregorio Simonelli, che è stato per tanti anni missionario in Turchia.
a cura della Redazione di MC
Frati insieme
Verso la meta dell’unità
di Sergio Lorenzini
ministro provinciale dei frati cappuccini delle Marche
A vederci riuniti nell’abbondante sala che ci ha accolti, avevamo l’impressione di essere un gruppo ben nutrito come non sempre accade.
Tra di noi alcuni già si conoscevano bene, altri si erano visti qua e là, qualcuno si è incontrato per la prima volta. Tutti, in un caso o nell’altro, con il desiderio di stringere legami più intensi di fraternità da assumere come piattaforma fondamentale per un futuro condiviso. Così, noi frati cappuccini provenienti dalle Province dell’Emilia-Romagna, della Toscana e delle Marche, dal 17 al 19 febbraio ci siamo ritrovati nella Casa di spiritualità San Giuseppe di San Marino per una tre giorni di formazione.
Se la lingua ferisce
L’appuntamento era programmato da tempo come uno dei tanti previsti per la formazione permanente che le tre province hanno scelto di condividere nel 2025. Ci si era già ritrovati a Firenze nel mese di gennaio per riflettere su “Fraternità e speranza”, e ci saremmo ritrovati ancora a maggio per un pellegrinaggio giubilare a Roma, a giugno per gli esercizi spirituali e a luglio per la festa della nascita dei cappuccini, in entrambi i casi a Camerino, e alla fine di settembre per il Festival francescano, dedicato quest’anno al Cantico di frate sole. Un programma di appuntamenti ricco e nutrito che rappresenta una lunga fila di mattoni utili alla costruzione di una nuova grande e unica Provincia religiosa che vedrà la luce nel futuro prossimo.
Ma le cose, si sa, non si costruiscono dall’oggi al domani e vale anche per l’architettura delle relazioni umane il detto di origine medievale poi assunto da G. W. Leibniz che «la natura non fa salti». Occorre un tempo calmo, un percorso di avvicinamento, di scoperta, di conoscenza e di familiarizzazione, il superamento delle diffidenze e l’acquisizione di una fiducia reciproca, lo scavalcare i timori per lanciarsi entusiasti verso un futuro in cui camminare a braccetto, e soprattutto il desiderio condiviso di vivere il vangelo da fratelli secondo lo sguardo che Francesco d’Assisi ci ha insegnato e consegnato. Per questo circa cento frati cappuccini hanno risposto all’appello e si sono ritrovati per condividere tre giorni insieme, scanditi da momenti diversi dedicati a destinatari specifici.
Il primo giorno un momento di formazione per tutti i presenti. Chi di lingua ferisce. La violenza nel linguaggio clericale è stato l’argomento al centro della riflessione. Simona Segoloni, teologa e vice presidente del coordinamento delle teologhe italiane, ha dispiegato una riflessione sul valore della parola e sull’insidia che il linguaggio attuale continui a veicolare in maniera acritica contenuti violenti. Se facilmente riconoscibili sono le parole aggressive, che pure il contesto odierno spesso sdogana come normali, più difficile è scovare i sintomi di un uso prepotente della parola quando si cela dietro espressioni ritenute convenzionali. Il linguaggio violento, in tal senso, non è solo banalmente nelle parole offensive, ma quello in cui si stabilisce la prevaricazione dell’uno sull’altro, quello in cui la pari dignità rimane impari per pregiudizi radicati, quello in cui le parole ingabbiano l’altro in una condizione subalterna e disistimata.
Ciò, ha ricordato la relatrice, accade spesso con i soggetti ai margini: gli stranieri, i poveri e accade anche nel complesso mondo dei rapporti tra maschile e femminile, laddove le parole più che garantire la parità rischiano di certificarne la mancanza. Il riscatto della parola e la sua purificazione da scorie tossiche diventa allora un percorso di educazione dello sguardo, del pensiero a cui non possiamo sottrarci, sapendo che il mondo è plasmato dal linguaggio o, per dirla con Heidegger, il linguaggio è la casa dell’essere. Potremmo dire con il salmo 141: «Poni, Signore, una guardia alla mia bocca, sorveglia la porta delle mie labbra».
Verso una provincia
La seconda giornata, destinata ai guardiani, è stata dedicata alla presentazione dettagliata delle tre Province e di tutti i conventi dei cappuccini in esse presenti. Del primo punto se ne sono occupati i tre ministri provinciali, del secondo i guardiani di ogni fraternità. Fra Giacomo Franchini, fra Andrea Pighini e fra Sergio Lorenzini, rispettivamente ministri provinciali dell’Emilia-Romagna, della Toscana e delle Marche, hanno introdotto la giornata presentando ciascuno una panoramica della propria provincia: geografia, storia, statistiche, numero e tipologie di presenze, servizi svolti, progetti e visioni per il futuro, missioni, figure di santi, beati e venerabili.La stessa cosa, calibrando l’intervento alla propria realtà, hanno fatto i guardiani delle circa 45 fraternità. Inevitabilmente il percorso è stato lungo e ha richiesto pazienza: si è cominciato al mattino e finito la sera ma al termine della giornata è apparso agli occhi di tutti un quadro completo di quella che si prefigura come la nuova Provincia, i cui confini saranno piuttosto ampi: lambiranno a nord la Liguria, il Piemonte, la Lombardia e il Veneto; a sud invece Lazio, Umbria e Abruzzo, per una superficie di 54.784 km quadrati e poco meno di dieci milioni di abitanti. Insomma, una realtà ampia, importante e multiforme. Ma, al di là dei numeri, ciò che è apparso come la maggior ricchezza, e probabilmente anche la grande sfida, è la possibilità di amalgamare storia e tradizioni di ogni Provincia, di ogni convento, e i talenti di tutti i frati: nuove sinergie si intravedono all’orizzonte e aprono uno sguardo di speranza sul futuro.
L’ultimo giorno la condivisione si è ristretta ai ministri provinciali e ai loro consigli. Per questo incontro ci si è trasferiti nell’antico convento dei cappuccini di San Marino, fondato nel 1584 e situato a una distanza di duecento passi dall’abitato. Lì i tre consigli hanno fatto sintesi del percorso remoto che ha portato fino alle tre giornate trascorse a San Marino. L’apprezzamento è stato unanime per il bel clima fraterno respirato e l’importante spazio di conoscenza e condivisione realizzato. La riflessione poi si è spostata sugli orientamenti utili a continuare il percorso: la comunione, aumentando il rapporto tra le tre province con segni concreti e più possibilità di condivisione, e l’opportunità che l’attuale situazione ci offre, secondo uno sguardo che sa cogliere il nuovo che germoglia dalle situazioni difficili.
Riappropriarci del più bello
Come sempre accade nei momenti critici, è importante non ripiegarsi su sé stessi e saper vedere “oltre”, quel “sì” più grande che dà senso al nostro cammino. Se è innegabile infatti che lo stimolo all’avvicinamento reciproco è stato sollecitato dal crollo numerico del numero dei frati e dal lungo inverno vocazionale che non accenna a finire, è altrettanto vero che unirsi offre la possibilità di ricominciare. Non è solo questione di quantità, di somma frati, di conventi e di servizi, ma di qualità, di risvegliare cioè con un nuovo inizio il desiderio di riappropriarci di ciò che di più bello la nostra vocazione francescana ci offre: lo stare con Dio cuore a cuore, vivere con umiltà e da fratelli, portare il vangelo ad ogni creatura, servire i bisognosi, accogliere tutti, costruire la pace.
Questa è l’occasione più bella da non sprecare, quella che Francesco d’Assisi ebbe a scrivere nel 1221 all’inizio della sua Regola non bollata: «Vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio, e seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo». È l’augurio reciproco che come frati delle tre province collaboranti vogliamo rivolgerci e il lavoro assiduo al quale non vogliamo sottrarci. A tutti coloro che ci sono vicini chiediamo di accompagnarci con la preghiera e con il sostegno che mai ci hanno fatto mancare, affinché continuiamo a camminare insieme in una famiglia che diventa più grande, più aperta e più bella.