Ricordiamo qui due nostri fratelli che chi hanno preceduti nell’altra vita: un vescovo e un fratello laico. Monsignor Giuseppe Germano Bernardini era un nostro frate cappuccino missionario e vescovo in Turchia: ultimo di dieci figli di cui sei suore e due frati cappuccini, uno dei quali, appunto, vescovo. Per i genitori di questa famiglia straordinaria, Sergio e Domenica, è stato avviato il processo di canonizzazione. Fra Giancarlo Ciccioni era un fratello laico, cioè non sacerdote, per tanti anni portinaio a Bologna e poi a Reggio Emilia.

a cura della Redazione di MC

Ricordando due nostri fratelli

Mons. Giuseppe Germano Bernardini

Dagli Appennini al mar Egeo

 

 

 

Verica (MO), 27 settembre 1928
† Reggio Emilia, 3 dicembre 2023

 

  

 

 


Itinerario di un vescovo riservato

Se n’è andato in punta di piedi, umilmente come aveva vissuto. La sua logica è sempre stata figlia dell’accortezza e prudenza ereditata dal ceppo montanaro dei suoi venerabili genitori, i Servi di Dio Sergio e Domenica, agricoltori sulla magra e sudata terra del nostro Appennino.

Nasce il 27 settembre del 1928 a Barberino, un gruppo di case nei pressi della ridente Verica, a qualche chilometro da Pavullo nel Frignano. Al battesimo gli mettono il nome di Giuseppe, lui l’ultimo di una ricca nidiata di figli composta da otto femmine e da due maschi. Il 10 ottobre 1938, a dieci anni, lascia le sue montagne e da Verica scende al seminario serafico di Scandiano da dove qualche anno dopo, il 31 dicembre del 1944, passa al convento di Fidenza per l’anno di noviziato col nome di frate Germano da Verica. L’anno seguente farà la sua professione temporanea poi, dopo il liceo e la Filosofia a Piacenza, studierà Teologia a Reggio Emilia. Il 2 agosto del 1950 emetterà la professione perpetua, mentre il 21 marzo 1953 sarà ordinato sacerdote.
Nell’ottobre dello stesso anno lo troviamo nel Seminario minore di Pontremoli come insegnante: vi rimane per tre anni soltanto. La Turchia lo aspetta e, missionario come le sue sei sorelle suore, parte e rimane per 47 anni in quella terra, un tempo sede delle prime chiese apostoliche. In terra turca si ritrova tra i fedeli della comunità cristiana di Smirne, poi a Samsun sul Mar Nero e in varie città come Istanbul, Mersin, Ankara, Antiochia e Trabzon. Dalla Santa Sede viene nominato superiore ecclesiastico della “Missio sui juris”, una circoscrizione autonoma del Mar Nero. Per 26 anni porterà questo titolo, abbastanza importante, per un pugno di cattolici sparsi su un vasto territorio, religiosamente molto povero e arido.
Nell’ottobre del 1982 viene nominato superiore regolare della Custodia di Turchia. In questo incarico rimane solo per pochi mesi, in quanto il 23 febbraio dell’anno successivo papa Giovanni Paolo II lo nominerà arcivescovo metropolita di Smirne e amministratore apostolico dell’Anatolia. Al di là di altre considerazioni, da molti questa nomina è vista come un prezioso riconoscimento del servizio prestato dai missionari che la Provincia dei cappuccini sin dal lontano 1927 aveva messo a disposizione con tenacia e fedeltà in questa difficile missione di Turchia.
Il mese di aprile del 1983 si presenta pieno di significativi appuntamenti: il 9 aprile viene ordinato vescovo nel duomo di Modena; il 13 aprile è ricevuto da papa Giovanni Paolo II insieme ai fratelli convenuti da tutto il mondo e a mons. Felix Ade Job, Arcivescovo di Ibadan (Nigeria), adottato ancora seminarista dai venerabili coniugi Bernardini; il 30 aprile mons. Bernardini prende possesso dell’arcidiocesi di Smirne. Non si deve pensare ad un ingresso solenne come usa in Italia: è arrivato a Smirne assieme al fratello padre Sebastiano e a padre Piero Bertagni, ex missionario in Turchia, come un turista qualunque anche se vi era un piccolo drappello ad attenderlo all’aeroporto di Smirne e poi tutta la funzione religiosa è stata compiuta nel segreto della nostra chiesa e nel chiuso del nostro convento.

 Essere ponte, ammainare le vele

Alla fine della messa di insediamento nella sua diocesi, legge un discorso prima in francese poi in turco per terminare con alcune parole in inglese. Dopo i ringraziamenti, espone il suo programma partendo dalla parola “pontefice”, che significa ponte, esprimendo il proposito di far tutto il possibile per essere un valido ponte tra la terra e il cielo, tra l’uomo e Dio; seguendo le orme dei suoi predecessori, confidando sulla collaborazione di tutto il clero e puntando sulla protezione di santi che hanno fecondato questa terra con la loro predicazione e il loro sangue: l’apostolo san Giovanni, patrono della diocesi a cui è dedicata la cattedrale, san Paolo, che ha percorso questa regione in lungo e in largo, san Policarpo, patrono della città, e specialmente la Madonna con la sua protezione materna che emana dalla sua abitazione di Efeso trasformata ora in Santuario, meta di pellegrinaggi da ogni parte del mondo e di ogni fede religiosa.
Nei ventuno anni di attività come arcivescovo, riceverà altri incarichi temporanei: presidente della Conferenza Episcopale Turca, rappresentante del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa e membro del pontificio Consiglio della Pastorale per gli Emigranti e gli Itineranti. Il titolo, però, a cui lui tiene particolarmente se lo attribuisce personalmente: “custode della Casa della Madonna di Efeso”. In effetti, alle spalle della città si erge la collina dove c’è la casa in cui la santa Vergine risiedeva con l’apostolo Giovanni, quello che Gesù prediligeva e al quale aveva affidato la sua mamma prima di morire sulla croce. Presso il piccolo santuario (Meryem Ana Evi in turco), oggetto di grande venerazione persino da parte dei musulmani, il 29 novembre 2006 incontra papa Benedetto XVI, in occasione del suo viaggio apostolico in Turchia. In quella circostanza ottiene dal pontefice per questa casetta il titolo di “santuario nazionale della Turchia”. Qualche anno prima mons. Bernardini aveva fatto costruire una copia perfetta del santuario negli Stati Uniti, su di un terreno di proprietà di benefattori, situato nello stato del Vermont. Volentieri ne parlava non riuscendo a celare un senso di grande soddisfazione.
Monsignor Giuseppe Germano resterà nella sua diocesi per ventuno anni, fino al 2004, quando il Papa accoglierà le sue dimissioni per raggiunti limiti di età. L’anno successivo monsignor Bernardini farà ritorno in Italia. A 77 anni non è ancora tempo di ammainare le vele. Si trasferisce nel convento di Pavullo nel Frignano come ospite con disponibilità per servizi pastorali e come assistente spirituale della Casa per Anziani “Francesco e Chiara” dove già opera suo fratello maggiore padre Sebastiano. In tutti questi anni volentieri amministrerà il sacramento della cresima rispondendo sempre con disponibilità all’invito dei vescovi della Regione.

 Comunque frate devoto

Indossa il saio cappuccino e, come unico segno di vescovo, porta al collo un piccolo tau di legno sostenuto da un’elegante e prezioso spago. Per tutti è padre Germano, solo alcuni lo chiamano “monsignore” con grande stupore di chi in lui non vede altro che un semplice frate. E anche a Roma, in occasione di un pellegrinaggio, mentre si dirige ai posti riservati ai vescovi per l’udienza pontificia, viene fermato dagli addetti. Se vuole andare accanto al Papa, deve indossare la papalina e mettersi una croce pettorale ben evidente sull’abito cappuccino. E lui obbedisce a malincuore per la papalina, ma con gioia per la croce pettorale, per nulla di valore, ma sulla quale ha fatto incastonare una cosa preziosa: la fede nuziale della sua mamma.
Innamorato com’è della Madonna, coltiva un sogno che finalmente si avvera nell’autunno del 2008 quando, come confessore impegnato nei servizi pastorali, fa parte della famiglia dei frati cappuccini presso il Santuario della Beata Vergine della Salute di Puianello. Diceva: «Passare gli ultimi anni della mia vita a confessare e svolgere servizi pastorali in un Santuario della Madonna è davvero molto bello». E anche noi, che abbiamo vissuto con lui, possiamo dire che “è stato bello” condividere questi anni in fraternità con lui per il suo atteggiamento riservato e rispettoso, prudente e sereno, con un pizzico di seriosità e senso dell’umorismo. Aveva la capacità di lasciarsi coinvolgere sia in cose serie che in quelle scherzose, con mitezza e bontà d’animo, il tutto avvolto da un profondo senso di umiltà.
Nel Santuario di Puianello rimarrà fino al 17 giugno del 2022, quando le sue condizioni di salute consiglieranno di trasferirlo nella nostra Infermeria provinciale a Reggio Emilia. Qualcuno lo chiamava vescovo itinerante, e a ragione. Fin che l’età e la salute gliel’hanno permesso, non è stato fermo un attimo: ora negli Stati Uniti, nel Vermont; ora in Francia presso varie diocesi, tra cui quella di Montauban con la quale aveva maturato un legame speciale; molte volte a Roma o in Svizzera col gruppo di vescovi di spiritualità focolarina e per accompagnare qualche membro del comitato promotore per la beatificazione e canonizzazione dei suoi venerabili genitori in numerose parrocchie italiane. Col fratello padre Sebastiano non ha mai fatto valere il suo grado gerarchico e, a chi faceva rilevare che in certe occasioni era il caso di imporsi, rispondeva: «Lui è mio fratello maggiore». Solo due volte tutta la famiglia si trovò riunita e quelle due occasioni rimasero scolpite nel suo cuore come il ricordo degli ultimi istanti di vita del suo papà cui aveva amministrato l’unzione degli infermi.
Madre Teresa di Calcutta affermava che l’umiltà è la via indispensabile per la santità. Possiamo con sicurezza dire che il nostro vescovo padre Germano ne ha percorso un bel pezzo di quella strada. In poche cose era granitico nel suo agire e parlare: per la fede, la tradizione apostolica e la fedeltà alla Chiesa non arretrava di un millimetro. Avendo vissuto tanti anni in paesi islamici, conosceva perfettamente il pericolo dell’integralismo musulmano e si meravigliava che in Italia pochissimi anche nelle gerarchie ecclesiastiche si rendessero conto di questa minaccia incombente sulla nostra società cristiana.
Quando la malattia lo costrinse a ritirarsi nella nostra infermeria a Reggio Emilia, si rassegnò alla volontà di quel Dio che aveva servito fedelmente tutta la vita. Aveva compiuto 95 anni da qualche mese quando, il 3 dicembre, presso l’arcispedale di Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, la Madonna lo accolse nella felicità eterna.

fra Paolo Grasselli e Paolo Bertolani diacono

 I funerali di mons. Giuseppe Germano Bernardini sono stati celebrati il 6 dicembre 2023 a Pavullo nel Frignano nella ex chiesa dei frati cappuccini. Sono stati presieduti dal francescano mons. Martin Kmetec, arcivescovo di Smirne; mons. Lino Pizzi, vescovo emerito di Forlì-Bertinoro, ha tenuto l’omelia, mentre fra Giacomo Franchini, ministro provinciale, ha presentato le linee fondamentali della biografia del confratello defunto. Mons. Bernardini è stato inumato nel cimitero di Verica accanto al fratello padre Sebastiano e alle sorelle Paola e Maria.