Il pellegrinaggio è una pratica presente in molte religioni del mondo. È un fenomeno che ha radici profonde, ma conserva sempre un comune denominatore.
a cura di Barbara Bonfiglioli
Quelli che vanno sulla via
Il pellegrinaggio nelle tradizioni religiose
Il pellegrinaggio è un’esperienza che trascende il semplice viaggio da un punto A a un punto B: è un’esplorazione che interseca la dimensione spirituale con quella fisica.
Il pellegrinaggio è un’esperienza che trascende le barriere geografiche e culturali. In diversi angoli del mondo, tante persone si mettono in cammino, con lo stesso scopo: cercare qualcosa di più grande, di più profondo, qualcosa che li “separi” dalla loro quotidianità per aprirli al divino.
Un obiettivo che non è solo esteriore, ma riguarda anche la trasformazione interiore. Quello del pellegrino è un itinerario che attraversa i confini tra il sacro e il profano, tra la carne e lo spirito, e che – come riportano le tante testimonianze di chi è stato pellegrino – cambia ogni persona in modi che non sono sempre facili da spiegare.
Le esperienze del pellegrinaggio, pur nella diversità delle tradizioni religiose, hanno un punto in comune: sono un cammino verso la purificazione e verso la connessione con il divino che conduce inequivocabilmente verso se stessi.
Il pellegrinaggio islamico
Immagina di essere con Mohamed circondato da milioni di altri pellegrini. Stai indossando un abito bianco semplice, il ihram, che annulla ogni distinzione sociale e ti rende parte di una masssa che sembra non avere confini. Sei arrivato a La Mecca, la città santa dove il ritmo della vita è scandito da un altro tempo, dal battito del cuore universale della fede islamica. Ogni passo che fai è un passo che ti allontana dalle distrazioni del mondo quotidiano. Il pellegrinaggio all’haji è l’occasione per Mohamed e per molti musulmani di sperimentare qualcosa che va oltre la religiosità quotidiana. Quando il pellegrino gira attorno alla Kaaba si sente parte di un movimento “globale” che ha radici profonde, che attraversa le generazioni e che si aggancia alla storia, ad Ismaele ed ad Abramo.
Il giro attorno alla Kaaba quindi non è solo un atto rituale. Diventa esperienza di unità, di riconoscimento: in quel momento ogni pellegrino è uguale davanti a Dio. Si respira un’atmosfera carica di emozioni contrastanti, che vanno dall’ansia alla gratitudine e alla speranza. Ogni preghiera arriva dal cuore.
L’esperienza del pellegrinaggio può diventare un’esperienza spirituale dove il pellegrino si confronta con la propria vulnerabilità, la propria fragilità e nella moltitudine dei fedeli presenti sperimenta come Dio permea ogni attimo della sua vita, per cui torna a casa con la speranza che ogni passo compiuto, ogni sofferenza affrontata e ogni preghiera recitata possa avvicinare alla purificazione definitiva.
Il Cammino di Santiago
I pellegrinaggi della Chiesa cattolica sono spesso cammini verso un santuario mariano o verso una cattedrale in cui si venera un santo.
L’esperienza di Sara lungo uno dei cammini più “famosi”, quello di Santiago di Compostela, ci testimonia come l’elemento fondamentale non è l’arrivo alla destinazione, bensì il viaggio stesso.
Per chi affronta questo percorso, l’esperienza diventa come una lunga riflessione, una ricerca spirituale che accompagna il pellegrino sia nei momenti di solitudine e di fatica sia nei giorni di contemplazione davanti alla bellissima cattedrale di Santiago di Compostela. Passo dopo passo, il pellegrino attraversa paesaggi mozzafiato, antichi villaggi e, dentro di sé, ogni passo è un avvicinarsi alla propria interiorità.
Non c’è fretta. Il pellegrino è armato di zaino e bastone e si sforza di superare i propri limiti fisici: cammina per chilometri, si perde nei pensieri e si ritrova nei silenzi delle strade. E quando finalmente giunge a Santiago, si avverte chiaramente di essere cambiati. La meta non è solo la città o la cattedrale, ma è un luogo di incontro con la propria fede, con i propri dubbi, con la propria storia personale.
Sara – come molti altri pellegrini – racconta di come il cammino l’abbia avvicinata non solo alla spiritualità, ma l’abbia anche aiutata a mettere ordine nei pensieri, a liberarsi dal peso dei giorni. Ogni incontro lungo il cammino è stata una piccola/grande benedizione: con gli altri pellegrini si condivide un pezzo di strada, una parola, un sorriso. Per Sara, il cammino di Santiago è un pellegrinaggio che insegna a guardare, sentire e vivere il presente.
Il Kumbh Mela
Santosh si è trovato sulle sponde del fiume Gange, circondato da milioni di pellegrini, ciascuno arrivato lì con il proprio cammino; ma tutti uniti dalla stessa intenzione di purificarsi. È il Kumbh Mela, un pellegrinaggio che raduna milioni di fedeli induisti per immergersi nelle acque sacre dei fiumi e purificarsi dal karma accumulato. L’esperienza vissuta da Santosh è stata non solo di una purificazione fisica. La sua testimonianza parla di una connessione che unisce ogni essere umano a qualcosa di più grande.
Il pellegrino che si immerge nelle acque del Gange sente una sensazione di rinascita. Il gesto fisico è anche simbolico: abbandonare le impurità per rinnovare il proprio spirito. Un aspetto da sottolineare è che il Kumbh Mela non è un rito individuale, bensì collettivo, una “festa” della fede che coinvolge milioni di altre persone e che si celebra attraverso la presenza e la condivisione. In questo oceano di persone, tra canti e preghiere, ogni pellegrino - ognuno con la sua storia - sente di far parte di qualcosa di eterno verso cui si muove passo dopo passo con speranza.
Bodh Gaya verso l’illuminazione
Sempre in India, nel suo cuore si trova Bodh Gaya, il luogo dove il Buddha raggiunse l’illuminazione. Il pellegrinaggio – come racconta Krish – non è tanto un atto di devozione rituale quanto piuttosto un viaggio di ricerca interiore. I pellegrini che raggiungono questo luogo stanno cercando una connessione profonda con il proprio essere. Camminando attorno alla pianta della Bodh, sotto cui Buddha si sedette per meditare, il pellegrino si trova a vivere un’atmosfera di silenzio e contemplazione. Krish ricorda il suono dei passi che echeggiano nel prato e la “vibrazione” silenziosa di una ricerca di verità che è eterna.
Molti pellegrini testimoniano di aver sperimentato una pace profonda mentre meditavano in questo luogo: non è una pace che viene da fuori, ma nasce da dentro di loro, dal profondo della loro mente e del loro cuore. L’esperienza del pellegrinaggio a Bodh Gaya invita alla riflessione, alla ricerca del senso della vita e al distacco dalle illusioni del mondo materiale.
Come viaggio dentro di sé
L’esperienza di pellegrinaggio in queste tradizioni non è semplicemente uno spostamento geografico. Il viaggio risveglia una ricerca spirituale profonda; anche se la geografia gioca un ruolo importante nell’esperienza spirituale. La relazione tra il pellegrino e il luogo non è mai passiva: il viaggio sollecita il corpo e lo spirito a muoversi insieme in armonia. Consapevole che ogni cammino è diverso dagli altri, ogni pellegrino sa che mettendosi per strada, passo dopo passo, si muove verso il divino e verso se stesso.
Il pellegrinaggio è un atto che segna la vita, che arrichisce e che trasforma, più di quanto si possa spiegare ed immaginare... e Mohamed, Sara, Santosh e Krish consigliano di sperimentarlo in prima persona.