#Thursdaysinblack  - “Giovedì in nero”: forse ai più fa venire in mente il crollo della Borsa di New York del ‘29, invece è la campagna di sensibilizzazione, nata in seno al CEC diversi anni fa, che si oppone allo stupro e alla violenza, una questione che ci riguarda tutti e tutte. Succede ovunque, nelle nostre società, nelle nostre famiglie, nelle chiese, nelle comunità e nello spazio pubblico.

a cura di Barbara Bonfiglioli

 Nero di speranza

Oltre la violenza l’ecumenismo difende le donne

 di Elia Orselli
della Redazione di MC

 Ispirazione plurale

«I giovedì in nero» - anzi «Thursdays in Black» per usare il più diffuso nome in inglese – sono un’iniziativa promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (COE) di Ginevra,

che raduna 350 Chiese cristiane e con il quale la Chiesa cattolica ha continue relazioni, pur non facendone direttamente parte. Il COE interpreta la propria missione di promozione della visione ecumenica impegnandosi in tutti gli ambiti della vita delle Chiese: dalla teologia all’evangelizzazione, dalla ricerca della giustizia al servizio dei bisogni umani. Grande attenzione quindi è data anche alla salvaguardia del creato, alla lotta alle miserie e – di questo si occupano proprio i «Thursdays in Black» - alla cessazione delle violenze specialmente contro le donne.
Nata nel cuore del decennio 1988-1998, dedicato dal Consiglio alla riflessione sulla solidarietà con le donne, la campagna è stata ispirata dalle Madri dei desaparecidos di Plaza de Mayo a Buenos Aires, da un gruppo di donne “in nero” che in Israele e in Palestina protestavano contro la guerra e la violenza, da gruppi di donne in Rwanda e in Bosnia che protestavano contro l’uso dello stupro come arma di guerra e dal movimento Black Sash che si opponeva in Sud Africa all’apartheid e alla violenza contro le popolazioni di colore.
Il segno in sé è semplice ed è contenuto nel nome del movimento: vestire di nero il giovedì, portando possibilmente una spilla con il logo della protesta, chiedendo che la proposta sia divulgata e domandando a ciascun partecipante di avere comportamenti corretti nei confronti delle donne che subiscono violenza e ingiustizie.

 A che serve?

Certo la domanda che sorge spontanea è quella dell’utilità di un movimento come questo: «a cosa mai potrà servire portare una spilla o scegliere un colore diverso di abito?».
Eppure nell’esperienza dei partecipanti la scelta ha un valore: diventa occasione di dialogo, domanda a ciascuno di fare la propria parte nel quotidiano, sul luogo di lavoro, nella preghiera, nel comportamento.
Il diffondersi di questa attenzione è certo lento e disomogeneo nel mondo: in tanti Paesi ha trovato risonanza grazie all’impegno più forte da parte di alcune Chiese, come testimoniano i tanti articoli raccolti dal sito web del COE dedicato all’iniziativa (www.oikoumene.org/thursdays-in-black), e spesso anche trova veicolo nei tweet (grazie all’hashtag #ThusdaysInBlack) e nei post facebook che riescono a superare frontiere e confini.
«Thursdays in Black» può sembrare un’iniziativa tra le tante che sensibilizzano alla lotta contro le violenze verso le donne, ma è nella sua natura specificamente ecumenica ed ecclesiale la sua unicità: il contrasto alla violenza passa infatti anche dalla preghiera e dalla meditazione biblica, per riscoprire l’uguale dignità degli esseri umani che scaturisce dalla creazione stessa. Inoltre le Chiese vengono chiamate a prendere la propria parte di responsabilità diretta per essere o diventare luoghi protettivi per le donne che subiscono violenza, così come chiedono – d’altra parte – gli altri programmi che il COE mette in campo per proteggere le fasce più deboli delle società esposte a violenza, ad abusi, a malattie, a povertà.

 Istruzioni per l’uso

Se l’iniziativa «Thursdays in Black» si presenta nei semplici punti presentati all’inizio, in occasione dell’attribuzione del premio Nobel per la pace 2018 a Denis Mukwege e Nadia Murad, impegnati in contesti diversi nella lotta contro le violenze e gli abusi, il comitato esecutivo del COE ha pubblicato un breve documento che riassume in forma esortativa gli impegni e i passi da percorrere in questa lotta; in particolare tale comitato «spinge le Chiese aderenti al COE e i partner ecumenici a condannare o ribadire le proprie condanne delle violenze sessuali e basate sul genere e di ogni forma di violenza compiuta contro donne, bambini e persone vulnerabili; a dichiarare queste violenze come peccato; a compiere sforzi costruttivi per superare le attitudini che aprono la strada a tali violenze.
Incoraggia le Chiese aderenti al COE e i partner ecumenici a continuare a collaborare con le organizzazioni e i gruppi locali che si oppongono a ogni forma di violenza sessuale o di genere e a offrire il proprio supporto nella cura degli effetti subiti da donne, ragazze e altri soggetti vulnerabili all’interno delle proprie comunità.
Incoraggia la creazione di nuove e più efficaci vie di comunicazione e collaborazione tra Chiese, gruppi locali, in modo particolare la promozione della campagna Thursdays in Black. Invita le Chiese aderenti al COE e i partner ecumenici a sviluppare reti attive per fermare qualunque tipo di violenza […] compiuta contro le donne e gli altri soggetti vulnerabili e a identificare il fenomeno delle “spose bambine” come atto di violenza e di abuso.
Incoraggia le Chiese aderenti al COE e i partner ecumenici a sostenere le organizzazioni giovanili maschili perché diventino spazi di trasformazione e di affermazione positiva e contro la violenza maschile. […] Incoraggia le Chiese aderenti al COE e i partner ecumenici assieme alle differenti istituzioni e reti teologiche per promuovere la ricerca sulla giustizia di genere per sostenere lo sviluppo religioso, ecumenico, interreligioso e interculturale».
Gli impegni qui sintetizzati, espressi dal comitato esecutivo a novembre 2018, certamente sono ambiziosi e di lungo respiro, ma la partecipazione stessa di rappresentanti del COE alla riunione della Commissione ONU sullo status della donna tenutasi dall’11 al 22 marzo scorsi è stata l’occasione per ribadire la posizione delle Chiese, sia con l’intervento tenuto dalla stessa delegata del COE, sia con la visibile presenza in nero delle 175 delegate presenti.