La diocesi di Milano sembra provarci seriamente. “Nessun adolescente resti indietro” è il motto con cui è nata una «Cordata» per una «Missione possibile» rispetto ai giovani. L’esperienza pandemica ha messo finalmente in luce davvero quanto la dimensione educativa sia in emergenza e quanto poco la pastorale ordinaria riesca a prendere in carico questa esperienza umana. Ma soprattutto diventa interessante che si provi a trovare un coordinamento effettivo tra molti (per ora 15) enti che si occupano di educazione sul territorio milanese.

di Gilberto Borghi

 La rete che pesca gli uomini

La sfida di educare nella collaborazione

 È stata presentata il 21 gennaio scorso, presso la Curia arcivescovile di Milano, l’iniziativa “Missione possibile”.

Una cordata educativa con cui un nutrito gruppo di enti diocesani e realtà educative operanti nel milanese intende rispondere “mettendosi insieme” all’emergenza educativa e al disagio di tanti ragazzi e giovani, emergenza emersa in modo dirompente durante la pandemia.

 Un’azione profetica

Fiducia, accoglienza, corresponsabilità, cura, reciprocità e comunità sono le parole chiave che guideranno l’azione coordinata dei 15 soggetti (al momento, ma già si sono aggiunte nuove richieste di adesione) che hanno al momento aderito alla Cordata: Servizio per i giovani e l’università; Fom (Fondazione oratori milanesi); Servizio per la pastorale scolastica; Consulta diocesana comunità cristiana e disabilità; Caritas Ambrosiana; Azione Cattolica Ambrosiana; Agesci; Csi (Centro sportivo italiano); Fma (Figlie Maria Ausiliatrice) Lombardia; Cooperativa Aquila e Priscilla; Cooperativa Pepita; Felceaf (Federazione lombarda centri assistenza alla famiglia); La Casa di Varese; Fondazione don Silvano Caccia; Fondazione G.B. Guzzetti.
Nel “manifesto” della Cordata si sottolinea che l’idea è nata dall’interazione di varie realtà che si occupano di educazione, colpite dagli evidenti effetti, a vari livelli, che esse hanno potuto rilevare nella frequentazione con i giovani milanesi quasi post pandemia. L’intento sarebbe quello di tracciare dei percorsi educativi da progettare e realizzare con i giovani stessi, per provare a rispondere ai loro bisogni, emergenti in modo drammatico.
Come ha spiegato don Stefano Guidi, direttore della Fondazione Oratori Milanesi, uno dei soggetti promotori, «lo shock della pandemia ha riportato alla ribalta la questione educativa, che è la questione assolutamente prioritaria del nostro tempo. Si avverte però l’assenza della società civile su questo tema, abituata da troppo tempo a trattare la questione come una delega e come pretesto per aprire fronti di conflittualità. La cordata educativa si propone quindi non solo come un’azione assistenziale, ma prima di tutto profetica, per alzare una voce, indicare un percorso possibile, per incoraggiare all’impresa. E la risposta non può essere specialistica, ma frutto della collaborazione tra competenze diverse».
Marta Valagussa, responsabile comunicazione di Fondazione Guzzetti, ha poi presentato un report costruito con i dati forniti dai sette consultori accreditati nella città di Milano, da cui emerge una panoramica dei bisogni emergenti intercettati nei mesi della pandemia. La rilevazione ha riguardato tanto chi ha avuto accesso diretto ai consultori (4.000 persone circa nel corso del 2021), quanto le attività che i consultori svolgono all’interno delle scuole (circa 11.000 minori incontrati l’anno scorso).

 Adulti, Alleati, Adatti

«Confrontando le prestazioni di supporto individuale erogate nei consultori della Fondazione Guzzetti da aprile 2020 a giugno 2021 con lo stesso periodo dell’anno precedente si riscontra un aumento del 40% di esse. La sfiducia si somma alla stanchezza. Sembra che le risorse di resilienza personale siano profondamente intaccate dalla durata della pandemia e dalle conseguenti limitazioni che ancora oggi viviamo. La pandemia ha “disabilitato” in tantissime persone la speranza e rischia di spegnere i sogni per il futuro. Le manifestazioni più frequenti del disagio adolescenziale in tempo di pandemia, dai dati raccolti, sono depressione, ansia e panico, disturbi alimentari, dipendenza da internet, aggressività e autolesionismo».
«“Nessun adolescente resti indietro” è la nostra preoccupazione principale», ha sottolineato nel suo intervento Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, «L’emergenza pandemica ha avuto un forte impatto anche nei processi di apprendimento: una rilevazione condotta su circa 60 dei 300 doposcuola parrocchiali che Caritas coordina ci ha confermato che la povertà digitale aumenta le difficoltà di apprendimento di molti ragazzi. Nelle famiglie con maggiori difficoltà economiche, infatti, mancano spesso gli strumenti necessari per accedere alle nuove forme attraverso le quali già oggi, e sempre più in futuro, avverrà la diffusione della conoscenza».
«Ascoltare e prendersi cura degli adolescenti nel presente», ha proseguito Gualzetti», è un investimento generativo per il futuro, finalizzato a prevenire processi di cronicizzazione delle fragilità. In questa prospettiva, un ruolo di rilievo può essere giocato dal rilancio del volontariato giovanile e da esperienze giovanili di carità e solidarietà, che generano nuove opportunità di relazione, socialità e senso nei percorsi individuali di crescita. Ci impegniamo a curare sempre più, su questo versante, i legami con i molti adolescenti e giovani che in pandemia si sono messi a servizio degli altri».

 Chi fa da sé non piglia pesci

Nella sua riflessione conclusiva, il Vicario generale della Diocesi, monsignor Franco Agnesi, ha sottolineato che «la Cordata risponde in modo coraggioso a un appello a lavorare insieme per la vita piena dei giovani, un appello lanciato spesso dal nostro arcivescovo. Mi vengono in mente tre “A” per identificare i componenti di questa Cordata: Adulti che si mettono a servizio dei giovani e dicono ai giovani: “Dalle difficoltà che attraversi ci sono passato anch’io”; Alleati, perché tante volte durante la pandemia abbiamo detto che occorre lavorare insieme, e farlo davvero è un messaggio che dice qualcosa anche ai giovani; infine, Adatti alla vita, per poter dire ai ragazzi che, come ci ha ricordato monsignor Delpini nel Discorso di sant’Ambrogio, “la vita è una vocazione, non un enigma incomprensibile, il futuro è promessa e responsabilità, non una minaccia”».
Diventa perciò particolarmente interessante il fatto che questa esperienza venga proposta come rete di soggetti del medesimo territorio, pure in termini puramente ecclesiali. In momento di Sinodo, una testimonianza di cosa, al di là delle parole, voglia dire fare sinodo nella realtà, che in un epoca di frammentazione sociale rilancia potentemente l’idea che “insieme è possibile” a fronte della convinzione diffusa che ognuno si possa salvare solo da solo. Una sfida interessante, che bisognerà valutare fra qualche tempo nei suoi effetti, ma che promette bene. Una sfida non facile perché mettere insieme diocesi, oratori, scuole, società sportive, terzo settore, volontariato e famiglie non è per nulla semplice. Ognuno ha la propria visione del mondo giovanile, dell’educazione e di come oggi si debba provare a comunicare con queste generazioni. Ma il fatto che si sia percepita la necessità di una “rete” educativa, la dice lunga su quanto il lavoro singolo degli enti non riesca a fare più i conti davvero con il dilagare dei bisogni e della loro intensità ed estensione.