La madre di tutte le virtù

La sobrietà, in un mondo degradato, indirizza le nostre relazioni verso l’altro 

di Vincenzo Balzani
docente dell’Università di Bologna, coordinatore del gruppo di scienziati “Energia per l’Italia” 

Due conseguenze

Voglio iniziare questa breve riflessione con una frase dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco: «Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le capacità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi» (161).

Come è potuto accadere? Per l’affievolirsi, con lo sviluppo della scienza e della tecnologia, di una delle fondamentali virtù che dovrebbe distinguere l’uomo: la sobrietà. Lo sviluppo, malinteso, della scienza e della tecnologia ha fatto crescere nell’uomo uno spirito di onnipotenza. Ci si è illusi che scienza e tecnologia potessero risolvere tutti i problemi e che quindi non ci fosse più bisogno di sobrietà, né nei confronti dell’ambiente, né dell’uomo. Ma, dice sempre l’enciclica, «i progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo» (4).
La mancanza di sobrietà ha due gravi conseguenze: il degrado del pianeta e le disuguaglianze sociali.

 Degrado del pianeta

Il pianeta Terra su cui viviamo, la nostra casa comune, è una specie di grande astronave che viaggia nell’infinità dell’universo. È però un’astronave del tutto speciale, perché non potrà mai “atterrare” in nessun luogo per fare rifornimento, per essere riparata o per sbarazzarsi dei rifiuti che vi si accumulano. L’unico rapporto con l’esterno è la luce che riceve dal sole, risorsa fondamentale per la vita dei 7,3 miliardi di passeggeri. Il Signore ci ha collocato su questa strana astronave.
La prima cosa di cui essere consapevoli è che il pianeta terra ha dimensioni “finite”. Pertanto, fatta eccezione per l’energia che ci viene dal sole, le risorse di cui disponiamo sono limitate ed è limitato anche lo spazio in cui collocare i rifiuti. Si tratta di una realtà innegabile; eppure, spesso, non ne teniamo conto. Molti economisti, poi, sembrano addirittura non saperlo.
Nel 1980, le risorse estratte dalla terra ammontavano a 40 miliardi di tonnellate; nel 2015 sono salite a circa 70 miliardi di tonnellate, pari a 28 kg per persona al giorno. Sprechiamo cibo, acqua ed energia e stiamo consumando più di quanto la terra può rinnovare ogni anno con sua biocapacità (gli alberi, i pesci, il terreno fertile, l’acqua potabile). Si potrebbe continuare con molti altri esempi. Le persone più informate e più sagge si chiedono: rimarrà qualcosa per le future generazioni?
La mancanza di sobrietà, unita alle dimensioni “finite” del pianeta, ha conseguenze anche per quanto riguarda i rifiuti che inevitabilmente si producono consumando le risorse. Non possiamo sbarazzarci dei rifiuti collocandoli in un inesistente “non luogo”. I rifiuti liquidi e solidi finiscono sulla superficie della terra e sulla superficie o sul fondo dei mari, mentre i rifiuti gassosi vengono riversati in quella enorme discarica globale che è l’atmosfera. Le conseguenze sono poco piacevoli e spesso dannose per la salute dell’uomo e l’integrità dell’ambiente. Le discariche inquinano; gli inceneritori non distruggono i rifiuti, ma li convertono in ceneri pericolose e in gas dannosi per la salute; le scorie di materie plastiche si accumulano nei mari; l’anidride carbonica che riversiamo in atmosfera, prodotta dall’uso dei combustibili fossili, supera i 30 miliardi di tonnellate all’anno e, come sappiamo, causa il riscaldamento del pianeta ed i conseguenti cambiamenti climatici; le scorie delle centrali nucleari, poi, nessuno sa dove collocarle perché sono pericolose per decine di migliaia di anni. Ci si può chiedere: cosa diranno le prossime generazioni dei danni, in parte irreversibili, che abbiamo creato, con i nostri rifiuti, sull’astronave dove pure loro dovranno viaggiare?
La nostra è la prima generazione che si rende conto di questa situazione di degrado e quindi è anche la prima (qualcuno dice che potrebbe essere l’ultima) che può e deve cercare rimedi. 

Povertà e disuguaglianze

L’affievolirsi della sobrietà che provoca il degrado del pianeta è anche causa di crescenti disuguaglianze sociali. Ci sono disuguaglianze in ciascuna nazione, fra le nazioni e anche a livello globale. La totale mancanza di sobrietà dei paesi ricchi drena risorse dai paesi poveri. Nell’enciclica papa Francesco nota: «C’è un vero debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo» (51). La mancanza di sobrietà si coglie nelle notizie riportate dalla stampa: negli Stati Uniti i grandi manager guadagnano fino a 1 milione di dollari al giorno, mentre 46 milioni di persone sopravvivono grazie ai buoni pasto (food stamps) forniti dalle istituzioni. In Italia, 10 paperoni “valgono” 500.000 operai. Papa Francesco scrive: «Non ci accorgiamo più che alcuni si trascinano in una miseria degradante, mentre altri non sanno nemmeno che farsene di ciò che possiedono» (90). 

Custodire la casa comune

È evidente che non stiamo custodendo la casa comune in cui Dio ci ha collocato. La situazione non è sostenibile dal punto di vista ecologico e neppure dal punto di vista sociale. Infatti, come scrive papa Francesco: «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale». E aggiunge: «Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale» (114).
La sobrietà, questa dimenticata virtù sociale che attende di essere ancora esplorata in tutte le sue potenzialità di trasformazione, sarà fra i protagonisti della necessaria ed urgente rivoluzione culturale sollecitata dal papa. La sobrietà è la qualità essenziale di ogni relazione: con le risorse, con i rifiuti, con gli altri e con se stessi. La sobrietà libera l’uomo dalla frenesia dell’accumulo e lo rende capace di una fruizione condivisa. La sobrietà indica il primato dell’altro, orienta la vita in una prospettiva di cura per il presente e di custodia per il futuro. La sobrietà, figlia della responsabilità, sorella dell’equità, madre della compassione e della solidarietà ci spinge a recuperare, riparare e ricominciare, sia quando abbiano a che fare con la materia che con le persone. «Non bisogna credere che gli sforzi che ciascuno può fare siano troppo piccoli per migliorare il mondo. Anche piccole azioni provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente (212) e incoraggiano uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo» (222). 

Dell’Autore segnaliamo:
BALZANI-M. VENTURI
Energia, risorse, ambiente
Zanichelli, Bologna 2014, pp. 150