Se la Peppina non fa più il caffè

Qualche dritta per affrontare i nuovi gusti musicali dei ragazzi

 di Walter Gatti
giornalismo & comunicazione

 «Se servisse la scuola, piuttosto che droga avrei venduto enciclopedie»: come dare torto al giovane Sfera Ebbasta, all’anagrafe Gionata Boschetti, giovanotto dal look particolarmente vivace e colorato nato in quel di Sesto San Giovanni nel recente (ma non troppo) anno domini 1992?

La scuola non serve, dice il portabandiera di certo look e di certa musica per giovanissimi - la cosiddetta “trap” - mentre invece si fanno i soldi, ci si porta a letto le ragazze, ci si costruisce una “reputazione” con altro. È questo “altro” che sembra rendere la vita più soddisfacente, più sfrontata e godibile. Chi può dire il contrario?
In quella sua canzone giustamente famosa, Hey Tipa, il buon Sfera Ebbasta continua: «Palazzi anonimi, ovuli, nomadi, pochi cognomi italiani ai citofoni / Voi siete rapper da Uomini e Donne, anzi Uomini e Uomini / La mia vita, frà, è una diagonale su due assi cartesiane / E ovviamente sale / Da bambino facevo l’ora di religione per le strade / Non dalle Salesiane / Sta generazione che è più povera di quella precedente / Tranne il qui presente / Accetta che sono un dio e poi rigetta le altre tue credenze / O accetta le conseguenze».
È la musica dei nostri giorni (anche se non è “tutta” lì), dei nostri tempi, delle nostre periferie di palazzoni e disoccupati, di famiglie senza padri o senza affetti, di lavori senza sogni. Stiamo assistendo ad un fenomeno speciale: questi personaggi e queste canzoni non particolarmente “edificanti”, anzi decisamente violente e sfrontate, portate alla radio e nei video di Youtube dai vari Dark Polo Gang, Ghali e Young Signorino - gli alfieri nostrani della cosiddetta “trap” - stanno diventando la colonna sonora dei ragazzini delle medie inferiori se non addirittura delle elementari. Gli adolescenti travolti dalla calca della discoteca di Corinaldo lo scorso dicembre 2018, radunati per sentire proprio quello Sfera Ebbasta, erano tutti inferiori ai 18anni. Questo la dice lunga su ciò che ascoltano i più piccoli, in un mix di volgarità, sesso, trattamento piuttosto animalesco dei rapporti affettivi, espressioni continue di disprezzo verso i genitori e gli adulti, violenza gergale, immaturità e caos lessicale. Potremmo dire (esagerando un po’): una volta c’era lo Zecchino d’Oro, oggi ci sono questi. 

Niente di nuovo sotto il sole

E quindi, che dire? Spaventarsi? Minimizzare? Banalizzare? Sorriderci su? Ci sono genitori che sbiancano, altri che accompagnano i figli alle serate di questi bei personaggi. Che fare? Da sempre la musica esprime un mondo. O meglio: le arti - musica o letteratura, cinema o pittura - esprimono il presente, buono o brutto che sia.
È più affidabile Ghali («E quante volte ho detto: “Sono pazzo di te” / E sai cosa ha risposto? “Ma che cazzo mene” / Quindi, cazzo, anche a me, ma che cazzo mene / E la mia tipa se la vedi dici: “Ushh baby” / E massimo tu gliel’annusi, mi fai da somelier») oppure Ozzy Osbourne («Una grande ombra nera con occhi di fuoco / Dicendo alle persone il loro desiderio / Satana è seduto lì, sta sorridendo / Guarda quelle fiamme alzarsi sempre di più / Oh, no, no, ti prego, Dio, aiutami»)?
Forse occorre ricordare con un certo spirito critico che negli ultimi sessant’anni la musica leggera (rock, pop e quant’altro così categorizzabile) ha dato voce e immagine al meglio e al peggio della propria contemporaneità. Di espressioni violente nel rock ce ne sono state e ce ne sono in quantità industriale. Sicuramente gli Who di My Generation non erano dei profeti dell’ottimismo giovanile quando nel 1965 cantavano «Spero di morire prima di diventare vecchio». Certamente il buon Marylin Manson non può essere ritenuto un caro amico quando nel 2000 canta: «Cantiamo la canzone della morte ragazzi / Cantiamo la canzone della morte ragazzi, / Scriviamo le nostre preghiere su una bomba / Un bacio sul viso e la spediamo a dio» (Death Song). La cosiddetta “trap”, un mix modaiolo di rap ed elettronica, di parole volutamente volgarotte (e fintamente “popolari”) e di basi campionate, sta tirando tantissimo tra i giovanissimi in attesa della prossima moda che soppianterà questa.

 Musica trap per un mondo trap

Nell’insieme non sembra un linguaggio musicale e di costume molto differente da quelle simbolizzazioni della nostra contemporaneità che sono manifestate dagli attuali politici che ci rappresentano, che non sanno se al Brennero c’è un’autostrada o un tunnel.>
Viviamo in un presente in cui l’insulto volgare e ostentato è la forma (e la firma) di quasi tutte le trasmissioni televisive, in cui si cerca il litigio, la parolaccia, lo sfregio. Viviamo in un’epoca in cui un personaggio tatuato e condannato al carcere vive vendendo foto scandalose e citando gossip erotici altrui: questo personaggio è mitizzato dalle ragazzine e dalle loro madri, dai ragazzi che lo prendono a modello e dai loro padri che gli vorrebbero assomigliare.
E dunque, vogliamo forse dire che Sfera Ebbasta e Young Signorino («La schiaffeggio mentre ride / Mmh ha ha ha / Mangio, mangio caramelle / Gnam gnam gnam gnam / Africa, buon vino, casso / Ku ku ku ku ku ku / Non mi piace questa tipa / Nah nah nah nah nah / Voglio la tipa del tipo / Uh uh uh uh uh uh uh / Sì, l’ho già lasciata incinta») sono dei problemi? Vogliamo seriamente affermare che questi ragazzotti venditori di canzoni senza costrutto, senso, memoria e futuro rappresentano un problema? La violenza verso il mondo, l’incuria del proprio io, la mancanza di sogni, l’invadente nullificazione che si respira sono il problema: da questi valori del nulla cresce tutto il resto. Anche perché chi costruisce, crea e sviluppa l’immagine e il futuro di queste nuove “star” della canzone sono in fin dei conti degli adulti, produttori, manager e gente variamente impegnata nel mondo della discografia: adulti dall’occhio sapiente nel cogliere dove vanno le mode. Adulti che sanno che oggi il volgare si rispecchia nella volgarità diffusa e quindi attecchisce, si diffonde come un odore acre e osmotico.

 Sviluppare gli anticorpi

E come si fronteggia tutto questo? Gli anticorpi ci sono già, ed anche le alternative. Senza andare a rifugiarsi nella musica colta (che i giovanissimi non ascoltano), ricordiamo che a Sanremo ha vinto un italiano di origini egiziane, Mahamoud che a modo suo rappresenta qualcosa d’altro, pur rifacendosi allo stesso panorama musicale. In realtà il cantante in questione si chiama Alessandro Mahamoud, è anche lui di area milanese ed ha gli stessi anni di Sfera Ebbasta. Ma i punti di contatto tra i due finiscono qui. La canzone di Mahamoud, Soldi, è uno spaccato impietoso del rapporto padre-figlio quando in questo rapporto si percepisce una banalizzazione dei rapporti prettamente occidentale: «Ti sembrava amore ma era altro / Beve champagne sotto Ramadan / Alla tv danno Jackie Chan / Fuma narghilè mi chiede come va / Mi chiede come va, come va, come va / Sai già come va, come va, come va / Penso più veloce per capire se domani tu mi fregherai / Non ho tempo per chiarire perché solo ora so cosa sei / È difficile stare al mondo quando perdi l’orgoglio / Lasci casa in un giorno / Dimmi se ti manco o te ne fotti, fotti / Mi chiedevi come va, come va, come va / È difficile stare al mondo / Quando perdi l’orgoglio / Ho capito in un secondo che tu da me / Volevi solo soldi».

Ogni epoca ha le sue espressioni. Ogni tempo ha le sue violente ambiguità. Ogni arte ha la sua capacità di interpretare e rappresentare. Se il nostro tempo ci sbatte in faccia così radicalmente un mondo giovanissimo di volgarità e di fastidio, sarà il caso di domandarsi quale possa essere la radice su cui questa pianta cresce e fiorisce. Solo così si potrà tentare di sviluppare quegli anticorpi di coscienza, affetti e pensiero di cui tutti - i giovani per primi, ma anche tutti noi - abbiamo bisogno.