Maschio e femmina li creò

Vivere la sessualità è cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza

 di Alessandro Casadio
della Redazione di MC

 Il Cantico delle creature

Al liceo, il giorno di san Francesco, ormai ridotto a festività soppressa, in omaggio al Cantico delle creature, facevamo la pagella delle ragazze.

Attività aborrita dalle ragazze stesse, che la giudicavano a ragione un’attività infantile in odore di maschilismo, che, tuttavia, destava in loro un fermento pruriginoso di curiosità, al punto che diventava quasi impossibile non fare trapelare indizi sull’esito conclusivo. Alla fine, una giuria da me magnanimamente presieduta, limava gli estremi del referto, facendo apparire tutte le ragazze sufficientemente carine e apprezzate.
Qualche anno dopo, all’ombra delle mura del convento dei Cappuccini, nel gruppo di giovani che si era formato lì, contornati da crisi mistiche e soluzioni galattiche dell’esistenza, i discorsi prendevano più o meno la stessa piega, vertendo frequentemente sulla realtà di coppia, a volte problema a volte unica via di uscita dalle sabbie dell’inquieta gioventù: essere problematici era un po’ il format della nostra età. Qualcuno, esasperato dai presunti cent’anni di solitudine, rilasciava dichiarazioni drastiche, accettando relazioni a due con l’unica condizione: “purché respiri”.
Del resto, devo riconoscere che buona parte del mio coraggio nell’espormi come disegnatore di fumetti, ma prima ancora come cantautore e poeta underground, derivò principalmente dalla necessità di riqualificarmi, io timido e adolescente disabile, agli occhi del mondo intorno a me, con particolare riferimento alla semisfera femminile. E devo ammettere che questa strategia forzata, per quante situazioni imbarazzanti possa avermi creato, ha saputo trarmi dall’impaccio di una vita isolata e solitaria che la mia condizione, unitamente al mio carattere schivo, pareva volermi imporre.

Al di là dell’onore o del digiuno

Racconto queste cose per sottolineare quanto la sessualità contribuisca nel determinare e stimolare la nostra sete di relazione; e il piacere che da essa scaturisce, se vissuta correttamente, non è che la conferma che essa sia uno dei principi naturali più attivi nella costruzione della comunione. Non esiste un modo unico per viverla, codificato e imprescindibile, ma ciascuno, anche in ruoli diversi quali possono essere quelli del religioso o religiosa, può e deve viverla, sottostando a questa unica condizione fondamentale: che essa diventi nel tempo, perché saperla vivere è una cosa da imparare, uno strumento di ineffabile comunione tra le persone. Capace di cementare a pelle, nei mille gesti che sapremo inventare, il legame che ci lega all’altro, inteso sia come genere che come partner.
Per capire il valore assoluto di questa componente umana, quella che pienamente la identifica come doppio riflesso dell’immagine di Dio, spettroscopio esauriente della sua luce, dobbiamo considerare che essa è l’unica che sa volgere il suo sguardo verso il futuro, attraverso il dono della procreazione. In una realtà sociale, quale quella in cui viviamo, così riversa su se stessa e incapace di guardare avanti, dove la politica si fossilizza sul presente alimentando un egoismo claustrofobico, addirittura boicottandone la sussistenza in ambito ecologico, il sapere pensare ad una dimensione che ci succeda nel tempo, il contribuire a formarla, alza la qualità del nostro orizzonte. Non c’è bisogno delle speculazioni da ragioniere che deprezzano il valore di ogni gesto sessuale se non orientato alla nascita; più bella, invece, l’espressione “aprirsi alla vita”, dove il valore del gesto veicola il riconoscimento totale dell’altro/a nella totale donazione di sé.

 Totem e tabù

Viviamo, purtroppo, ancora impastati in una gretta concezione della sessualità, che ce l’ha fatta percepire per secoli come modello della debolezza umana, arma demoniaca, manifesto di qualsiasi pusillanime tentazione, trascinando nella sua congiura di pregiudizi anche l’immagine della donna, sempre colpevole designata di qualsiasi peccato in questa sfera di azione. E questo sì che è maschilismo allo stato più puro. La mentalità puritana, spesso ipocritamente di facciata, si è smarrita in tutta una serie di codici pseudoetici, legittimando o colpevolizzando questo o quel gesto della vita sessuale a prescindere dalle circostanze e dai significati specifici che le singole coppie potevano attribuirgli, ottenendo una sorta di ortoprassi, che proteggeva dalle porte degli inferi, ma finiva per spersonalizzare questo aspetto fondamentale della vita, ridotta spesso solo a meccanica riproduttiva.
Neanche la rivoluzione sessuale, e parallelamente il femminismo o il massiccio intervento della psichiatria, negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso risolsero adeguatamente la complessa problematica generata. Se, da un lato, ebbero il merito di scoperchiare il calderone del tabù e di favorirne un approccio più consapevole e scientifico, l’eccessiva banalizzazione di tutto ciò che riguardava l’ambito della sessualità ci ha portato a viverla con disarmante superficialità. Al punto quasi di creare una sorta di ossessiva competitività in questo aspetto della nostra relazionalità. Molti adolescenti, che a tredici o quattordici anni non hanno ancora avuto un rapporto sessuale con una ragazza, oggi sono spesso implicitamente tacciati di esseri inferiori, con relativo crollo di autostima e nascita di complessi di ogni tipo. Più pesante ancora, come sempre, la sorte delle adolescenti, che se “non ci stanno” rischiano di legittimare l’idea tutta maschile che uno stupro potrebbe liberarle dalla loro frigidità. Naturalmente stiamo parlando di mostruosità ancora isolate, pur tuttavia fomentate da questa sorta di regime di “coito coatto”, che condiziona non poco la nostra cultura.
Si perde, in questo tipo di mentalità, la parte più poetica della relazione sessuale, tutti concentrati, semmai travolti dall’ansia, sull’esibire una prestazione adeguata ai parametri richiesti. Si ribalta, così, la logica sottesa alla funzione sessuale, mettendo la relazione stessa in funzione della sessualità e non quest’ultima finalizzata al perfezionamento della relazione e della comunione. Oltre a una preoccupante distonia etica, si allontanano le persone dal modello relazionale ideale che Dio ha sancito per l’uomo, maschio e femmina.