Meglio servi che single

Il capovolgimento di potere richiesto da Gesù, spiazza l’individualismo del nostro tempo

 di Gilberto Zappitello
docente di filosofia all’ISSR “Sant’Apollinare” di Forlì

 Una volta c’erano i re. A quel tempo il potere attraeva molto, ma c’era una persona che non aveva bisogno di lottare per averlo: l’erede al trono, a cui il potere sarebbe spettato per nascita.

La lotta per avere i suoi favori però gli cresceva intorno fin da quando era bambino. Per questo egli era sottoposto a un sistema educativo specifico, perché doveva imparare a diventare re. Poi è venuta la democrazia e anche oggi c’è chi ha il potere per diritto di nascita: il popolo. Questo potere - che si esprime nella formula “un uomo, un voto” - consiste nello scegliere chi deve governare; un compito importantissimo per il quale si dovrebbe tutti essere educati adeguatamente.
Ma chi educa? Chi orienta l’opinione pubblica? Questo compito viene svolto per la maggior parte da coloro che, attraverso i media, costruiscono la cultura dominante con cui si forma l’opinione pubblica. Sono i professionisti della politica: intellettuali e commentatori politici di diverse scuole e provenienze, i quali, pur divergendo su molti aspetti, sono soliti insistere su alcuni punti fermi. Uno di questi è che il mondo della politica deve stare dentro allo schema “destra-sinistra”.
Altro elemento importante: si insegna che ognuno può fare le scelte religiose che vuole, anche se deve accettare la “laicità dello Stato”. In altri termini lo Stato non può professare nessuna religione, eccetto la religio civilis o religione della Patria, mentre i cittadini possono fare le scelte che vogliono su Dio e sull’esistenza di una vita dopo la morte. Anche questo ha favorito l’affermarsi dell’individualismo.

 Il trionfo dell’individuo

Date queste premesse - cioè il fatto che il diritto di voto appartiene a ogni individuo per nascita, che lo schema destra-sinistra presuppone un’idea di uomo particolarmente ottimista (e ingenua), che ogni individuo ha il potere di scegliersi il suo Dio (in questa situazione sarebbe più logico scrivere “individuo” con la maiuscola e “Dio” con la minuscola) - è successo qualcosa che ormai è sotto gli occhi di tutti: l’affermarsi dell’individualismo, cioè di un uomo con più libertà (e meno responsabilità) di quanto avveniva in passato. Come chiunque può constatare, l’individualismo gode oggi di vaste simpatie nell’opinione pubblica, sui mezzi di comunicazione di massa e nella politica. In particolare i politici hanno fornito leggi, diritti, servizi sociali e quant’altro che ha reso possibile la figura del single: un individuo autonomo e indipendente per quanto sia umanamente possibile.
Ma l’uomo vive di relazioni. A volte si tratta di una relazione di dipendenza, come quella dei figli verso i genitori, che i giovani di oggi però accettano con sempre maggiore difficoltà. Più spesso si tratta di una relazione alla pari, come quello fra marito e moglie (uguali diritti e doveri), che è diventata ugualmente problematica con il prevalere della mentalità individualista, la quale spinge verso la rivalità e la conflittualità con separazioni e divorzi.
Di fronte alla crisi delle relazioni, specie di quelle più importanti, la risposta della cultura dominante è stata quella di fare trionfare l’amore (l’innamoramento, l’amore romantico) in tutte le forme possibili e immaginabili. L’amore romantico si caratterizza per avere una forza straordinaria, che vince l’egoismo e la mentalità individualista; ma ha una durata limitata. E quando riemerge la mentalità comune, che pone i diritti e le scelte individuali al di sopra della relazione, i rapporti più stretti e più intimi diventano rivalitari (i tuoi diritti limitano i miei, il tuo potere limita il mio!). Ne consegue una convivenza conflittuale con la sopraffazione dell’uno sull’altro o con la rottura del rapporto. E lo Stato deve promulgare sempre nuove leggi per stare al passo con questo fenomeno, tanto diffuso quanto complicato da gestire.

 Più liberi, più soli

Così si è arrivati a dei paradossi: più si vuole essere liberi dal potere dello Stato e più si chiede allo Stato di legiferare sulla vita intima delle persone, di essere sempre più invasivo. Inoltre più trionfa l’individualismo e le relazioni sono difficili e più la nostra società diventa un mondo di anziani; molti dei quali sono diventati single non certo per loro scelta. La solitudine è diventata un’altra caratteristica della società odierna.
Le relazioni importanti fanno la qualità della vita e per questo ne sentiamo il bisogno, le desideriamo e insieme le temiamo, perché comportano la rinuncia a molti spazi di autonomia. Inoltre fanno paura le conseguenze che derivano dai loro fallimenti. Vorremmo relazioni stabili e di qualità, che però diventano sempre più rare per la mentalità individualista dominante. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: i tanti fallimenti con il loro corollario di violenze, frustrazioni, rabbia, insicurezza, paura, solitudine, depressione, psicofarmaci e crollo delle nascite.
Si possono avere relazioni stabili e affidabili in una situazione in cui prevale la mentalità individualista e l’ideale del single? La risposta a questa domanda appare tutt’altro che facile. In questa situazione diventa interessante una cultura che propone un altro tipo di amore. Essa consiste nel non porre i nostri diritti in primo piano, nell’evitare relazioni basate su rapporti di potere e nel costruire relazioni capaci di rendere più serena e felice la nostra vita. Ma in concreto come fare? Da chi imparare?

 Parola ai Vangeli

Si legge nel vangelo di Luca: «Nacque poi fra di loro una discussione: chi di essi poteva essere considerato il più grande. Ma Gesù disse loro: “I re delle nazioni le governano e quelli che hanno potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande fra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è il più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve”» (Lc 22,24-27).
Si legge nel vangelo di Marco: «Allora Gesù, chiamatili a sé disse loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande fra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo fra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”» (Mc 10,43-45).
Gesù ci presenta un modo tutto suo di concepire le relazioni e i rapporti di potere insiti in esse. Quelli che hanno seguito il suo esempio e il suo insegnamento dicono che è proprio così come lui insegna; che il suo metodo funziona! E per questa strada diventa possibile fare crescere l’amore, la fiducia reciproca e la speranza nel futuro.