«Care e cari, siamo giunti al decimo anno di collaborazione con Messaggero Cappuccino! Eh già!», ci dice Maura subito, la voce che tradisce una certa fierezza. Per un attimo soltanto sorride compiaciuta guardandosi intorno, ma le parole già premono per proseguire: «Il filo conduttore di oggi e per i prossimi mesi sarà il “pellegrinaggio”. Che poi noi qui al tè, in termini più laici, potremmo tradurre con la parola “cammino”. Dunque non parliamo soltanto di un viaggio verso un luogo fisico, più o meno sacro, ma anche di movimenti più metaforici e personali. Per farci ispirare, quindi, oggi mi son permessa di invitare due cari amici: Abramo e Antonio Machado».

a cura della "Caritas Diocesana di Bologna"

 Il cammino apre

Io, l’altro e l’incontro

IL TÈ DELLE TRE

 Maura si ferma e butta gli occhi intorno per vedere che effetto fanno le sue parole.

Espressioni perplesse fioriscono sui volti dei partecipanti e Maura si affretta a spiegarci: «Forse qualcuno ne avrà sentito parlare: il personaggio biblico ed il grande poeta spagnolo vissuto tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Che cos’hanno in comune questi due? L’idea del cammino! Abramo è descritto nella Genesi come un uomo ormai anziano, ricco, socialmente importante. Uno realizzato; arrivato, diremmo oggi. Eppure, nonostante tutto, ha qualcosa che gli rode ancora dentro e l’autore del testo biblico traduce questo senso di profonda insoddisfazione con la chiamata di Dio a lasciare tutto e a ripartire su una strada completamente nuova. Quattromila anni dopo, Antonio Machado scrive la sua poesia, della quale vi leggo un estratto:

 Viandante, sono le tue orme
il sentiero e niente più;
viandante, non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando.

 Camminando si fa il sentiero
e girando indietro lo sguardo
si vede il sentiero che mai più
si tornerà a calpestare.

 Viandante non esiste il sentiero,
ma solamente scie nel mare…

 Ecco, l’argomento di oggi è proprio il senso dell’andare, del camminare. Mi e vi chiedo: ripensando alla nostra vita, il cammino è fatto solo dalle nostre orme? Oppure è anche importante camminare sulle tracce di qualcuno? Ho sperimentato che il cammino si fa camminando? Ho avuto compagni di viaggio? Ero solo? Qualcuno o qualcosa mi ha impedito di trovare la mia strada, di incamminarmi, di procedere?».

 C’è sempre modo

«La poesia è bellissima», parte Biagio, coinvolto, «Certo, il cammino lo facciamo noi, camminando. Nessuno l’ha già preparato. Siamo noi a costruirlo. E per me è importante guardare indietro per non ripetere gli errori, ma devi sempre avere il coraggio di andare oltre, per non restare invischiato nel passato. Vi ricordate? Orfeo si volta un attimo verso Euridice e la condanna all’inferno con quell’ultimo sguardo… ma è solo alla fine del percorso che puoi davvero valutare la strada che hai fatto. Ognuno procede come può, ma solo se hai un po’ di autostima riesci a camminare senza ferire gli altri e te stesso, perché il giudizio esterno non ti ferisce. Non è banale riuscirci però».
«Bè, io l’ho trovata la forza di non voltarmi», interviene Maurizio, «So già che vedrei troppi sbagli, troppi errori: ci soffrirei troppo. In passato mi è capitato di sentirmi arrivato, bloccato. Poi però ho capito che al mondo c’è sempre modo di imparare qualcosa di nuovo e sono ripartito».
«Io non sono più giovane», dice Carla, «ma un pensiero che mi ha sempre fatto riflettere è quell’idea per cui si viaggia tutta la vita per ritornare alla propria casa, alle proprie origini. Allora - considerando l’età che ho – tengo la mia “valigia” sempre pronta. Ma ogni giorno si riempie di più, si fa più pesante e mi diventa sempre più difficile alleggerirmi. Non si torna indietro – è vero - ma il passato viene con noi!».
«Il mio cammino è stato molto sofferto perché alla fine mi son ritrovata sola», racconta Giuseppina, la voce ferma e dolce, «Ho perso tutti quelli a cui avevo completamente dedicato me stessa. Il mio cammino però non ha avuto una direzione, ma una serie infinita di cose da fare, da gestire. E io le ho fatte quelle cose, le ho gestite, non mi sono mai tirata indietro. Ora che sono rimasta sola, vivo un cambiamento importante e so che devo fare attenzione. Il mio cammino ora è vivere il presente e so anche di meritarmi di andare avanti soffrendo meno, ma fatico a vedere un futuro». 

Lo zaino, gli snodi e gli incontri

«Quando lo zaino si fa pesante, mi aiuta molto concentrarmi sulle piccole cose: in questo periodo sto portando da mangiare e da bere a un gattino senza padrone. Lo so che è un gesto piccolissimo, una sciocchezza, ma mi fa star bene», riprende Maurizio, «E poi, se parliamo di cammino, spesso pensiamo a qualcosa di fisico. Ma se penso a me stesso, penso al cammino della mia mente: tutta la vita sono stato timido, eppure nel tempo sono cambiato e oggi sono completamente a mio agio a parlare qui, davanti a tutti voi. Ed è bello questo: la mente non ha i limiti del resto del mio corpo e fa bene sapere che si può sempre cambiare mentalità, abitudini, pensieri: la vita diventa movimento di idee».

«Hai ragione Mauri!», riparte Biagio, «I viaggi mentali ti aiutano a cambiare! Se segui i tuoi pensieri, finisci per fare dei veri e propri viaggi. Io l’ho scoperto quando, ormai grande, ho cominciato a leggere, soprattutto poesia. Leggere mi ha aperto un mondo che non conoscevo: un mondo inesplorato, e camminarci dentro mi ha radicalmente trasformato».
«Io invece», prende la parola Barbara, «ho bisogno di scrivere della mia vita, per capirne più a fondo gli snodi. Ecco, la scrittura mi aiuta a tracciare una mappa del mio viaggio; altrimenti rischio di non coglierne i collegamenti. La scrittura è la mia bussola: mi orienta. Per me è importante, ascoltando il mondo, andare verso se stessi, ma perché ciò avvenga ho scoperto quanto è importante allargare il raggio, andare anche verso gli altri. Non è un caso se, alla fine, è sempre di incontri che scrivo».
«Pellegrinaggio, cammino, movimento… ma ci sono anche le soste che non sono meno importanti!», è Margherita ad intervenire, «Serve fermarsi per riprendere fiato. Certo, a volte guardare indietro mi ha paralizzata, ma mi ha anche aiutata a conoscermi. Le soste non sono mai prive di futuro, non dobbiamo temerle».

 Il tempo per fiorire

«Soste e solitudine», ed è la voce di Didi ad attirare l’attenzione,. «Ascoltandovi mi vengono in mente queste due parole. Io ho avuto l’impressione di restare immobile e sola per tantissimo tempo. Ma poi, vivendo quelle fatiche, ho sentito che non ero ferma del tutto, Qualcosa mi trasportava. Ora vive in me la fiducia che non siamo mai soli, né mai completamente immobili, anche quando ci sembra il contrario. Serve tempo per fiorire. Se poi penso alla parola “cammino”, penso al cammino scout, che mi ha dato tanto; ad esempio ho imparato a “far lo zaino” e poi anche a vuotarlo, tirando fuori le cose inutili, quelle sporche, da lavare e mettere via. Ho acquisito un progressivo “abbandonarmi” e “impoverirmi” che in realtà è stato ed è anche provvidenziale. Ed in questo modo, piano piano, ho compreso che possiamo cambiare, non perché c’è qualcosa di sbagliato in noi, ma perché c’è qualcosa che siamo e ancora non lo sappiamo».
«Camminate leggeri! Ce lo dice anche Gesù», sottolinea Biagio, «Tanto poi lo sapete: se avete bisogno, bussate e vi sarà aperto!».
«In effetti, camminando si apre il cammino», si fa avanti Angela, «Da un po’ di anni ormai mi accorgo che non ho tempo di piangere, di riflettere e ricevo sempre l’input di proseguire, di andare oltre. Il movimento ci fa andare oltre i nostri limiti. Ma abitando questi momenti della mia vita, anche quando mi sento sola o vuota, provo profondamente un “pieno”. Se io penso al cammino, penso a Gesù sul Calvario, lui cade, si ferma, cerca lo sguardo della Madre, si fa aiutare, ma va sempre avanti, non si ferma. Ecco, non mi sento sola».
«Scusate, io vorrei proprio ringraziarvi tutti per ciò che avete condiviso oggi pomeriggio. Mi avete veramente aiutata, sapete?», ci dice Maria Teresa sorridendo, «La mia vita passata è stata una vita piena di fughe, fin da quando ero piccola. Son fuggita dalla mia famiglia poco amorevole e da un padre violento, ma alla fine poi son andata a scegliermi una situazione analoga. Solo ora comincio a “star ferma”, ad affrontare le cose e finalmente mi sento bene con me stessa. Ed è bello!».
Sì, è proprio bello! E quante strade in una tazza di tè…