Quando è stata inventata la libertà e da chi? Lo abbiamo chiesto a uno studente afro-americano e ci ha risposto «Abraham Lincoln, nel 1865, quando ha abolito la schiavitù». Lo abbiamo chiesto a uno studente russo e ci ha risposto «Evelyn Beatrice Hall nel 1906, quando attribuì a Voltaire il principio “Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”». Lo abbiamo chiesto a uno studente incontrato all’uscita del carcere e ci ha risposto: «La inventerà mio padre, quando tornerà a casa fra qualche mese».

a cura della Redazione di “Ne vale la pena”

  La libertà è partecipazione

Quando la libertà è in lista d’attesa

 DIETRO LE SBARRE

 Il mio “mondo” libero

L’unica cosa che in carcere può tormentarmi è la mancanza di libertà.

Il pensiero del giorno che non arriva mai può diventare una vera ossessione. Quindi è meglio non pensarci, perché anche se siamo “dentro” non possiamo morire dentro noi stessi. In questa lotta con me stesso, ho scoperto che è possibile non pensare ossessivamente alla libertà. Anche qui, come fuori, ogni giorno il mondo si sveglia e la vita e le attività continuano. Così ho trasformato il carcere nella mia città, o meglio nel mio quartiere d’infanzia. Quando ero piccolo uscivo di casa, andavo in una traversa della via dove abitavo a chiamare un compagno e passavo tutta la giornata a giocare a pallone. Dopo la scuola si passavano ore e ore a giocare, ridere e scherzare e la sera si giocava a carte imitando gli adulti. Ventisei anni dopo, anche adesso ogni giorno vado a scuola, dopo esco di casa, vado alla cella di fronte a chiamare il mio amico, con cui gioco a carte, per poi passare alla composizione delle squadre per giocare a calcio. È proprio un salto nel passato. A chi non piacerebbe rivivere i momenti belli dell’infanzia? E qui, per di più, non abbiamo come allora telefonini e computer e non possiamo isolarci davanti ad uno schermo. Senza telefono e senza internet rimane la libertà di dedicarci alle attività e ai ritmi che hanno reso belli tanti momenti del passato.
Con tutto ciò, desidero essere davvero libero, ma devo essere realista e concentrarmi sulla libertà che posso trovare qui dentro, vedendola e vivendola attraverso il mio passato.

Pasquale Acconciaioco

 Libertà, ti attendo

La libertà la apprezzi soprattutto quando la perdi, perché, come la salute, spesso la si dà per scontata. La libertà per molti di noi è l’unico pensiero. Vivi pensando al momento in cui sarai chiamato dall’assistente di turno con il tuo cognome seguito dalla parola “liberante”, e potrai uscire da queste mura. C’è chi, col “fine pena mai”, non può nemmeno permettersi di coltivare questo sogno e deve trovare altri modi per continuare a sperare. Ogni giorno i carcerati osservano la libertà, attraverso i telegiornali, per partecipare, in qualche modo, a quello che succede all’esterno del carcere, aspettando di tornare nel mondo libero. Il vescovo Zuppi durante la messa del Natale del 2017 ci disse: «Voi siete i professionisti dell’attesa», e credo che la nostra attesa sia soprattutto attesa di libertà.
I detenuti permessanti (cioè quelli che possono fruire dei permessi premio) sono quelli che meglio descrivono il sapore della libertà, al loro rientro. I loro occhi sono accesi di orgoglio per essere riusciti ad assaporare un ritaglio di libertà personale, riabbracciando familiari e amici dopo anni di esclusione da rapporti umani che la mancanza di libertà non ha permesso di coltivare. Forse la piena consapevolezza di quanto sia dura la privazione della libertà potrebbe allontanare dal reato.
Purtroppo molto spesso ormai è troppo tardi.

Maurizio Bianchi

Padrone di me stesso

Fino ad oggi mai mi ero soffermato sul vero significato della libertà. Mi sono reso conto, col passare degli anni, che quando non ero carcerato ero ugualmente imprigionato da alcune idee, dai vizi, dagli eccessi. E mi sentivo libero, ma non lo ero. Ho iniziato ad essere libero quando ho cominciato a mettere in discussione tutto questo. Ad un certo punto mi sono sorte alcune domande alle quali forse non ero del tutto pronto a rispondere. Però erano uscite e continuavano a rimbalzare dentro la mia mente: «La mia vita, i miei sentimenti verso le persone che veramente contano, le mie azioni, le mie parole, i miei gesti, erano stati autentici?». Sentivo la necessità di saperlo.
E nel tempo, riflettendo, ho capito che non avevo avuto abbastanza rispetto verso me stesso, quel rispetto fondamentale e necessario per meritare l’amore e la stima degli altri, senza prevaricare o subire prevaricazione. Mi sono sentito un po’ più libero e sollevato da uno stato di forte preoccupazione che mi indicava di aver sbagliato tutto fino a quel momento. E allora la parola libertà ha cominciato a prendere una forma diversa e ha allietato il mio uomo interiore e sicuramente mi ha reso migliore. Ora posso affermare che la libertà per me è raggiunta quando la ragione, il sapere e i sentimenti trovano quell’equilibrio che ti permette di vivere in armonia con le cose e le persone che ti circondano ovunque ti trovi. E aggiungo che nessuno è libero se non è padrone di se stesso.

Gabriele Baraldi

 La libertà nelle piccole cose

Per me la privazione della libertà di movimento imposta dalla detenzione risveglia il bisogno e la nostalgia per i piccoli gesti quotidiani e per gli affetti che prima davamo per scontati. Penso ad un caffè bevuto al tavolino di un bar qualsiasi, oppure ad un gesto di attenzione da parte di una persona cara: sono pensieri preziosi, che oggi possiamo solo sognare di poter tornare a fare o ricevere il prima possibile. La libertà di sognare, almeno quella, non ci è sottratta, ed è per molti di noi una fonte di energia per affrontare le giornate. Nella quotidianità reale cerchiamo comunque di ritagliarci piccoli spazi di libertà, frequentando corsi, facendo una partita a carte o a calcio, e, quando ne abbiamo la possibilità, svolgendo una delle attività lavorative proposte dall’amministrazione penitenziaria; sono diversi modi per tenere la mente impegnata ed essere in qualche modo liberi. Ci sono infatti dimensioni della libertà che niente e nessuno può rinchiudere. La nostra mente, se lo vogliamo, non può essere completamente imprigionata: riuscire a vivere i propri pensieri e ciò che si sente dentro, cercando di rispettare gli altri e le regole di convivenza, dà un’autentica sensazione di libertà.

Marco Mangianti

 Sognare la libertà

Per noi detenuti la libertà è un sogno. La vita in carcere è dura e terrificante, perché non ti toglie solamente la libertà di movimento, ma distrugge la tua identità di uomo. E allora per sopravvivere ci si aggrappa ad un’esplosione di vecchi ricordi. Per me il giorno più bello è solo uno, quello della scarcerazione. Ma spesso mi dimentico che riabbracciare la libertà può far paura, specialmente quando sono trascorsi molti anni, in quanto sono consapevole di dover affrontare numerose difficoltà che il mondo esterno mi pone all’uscita dal carcere. Rientrare in famiglia, cercare un lavoro, affrontare una società che ha difficoltà a grattare via l’etichetta di detenuto.
Uscendo però ti senti perso, spaesato, in uno stato di confusione. Pensavi di ritrovare quel mondo così come lo avevi lasciato. Ti rendi conto invece che mentre i tuoi giorni passavano e ogni giorno si ripeteva uguale a quello prima, intanto fuori da quelle quattro mura il mondo è andato avanti. Le persone sono cambiate. La tua città è cambiata. Il mondo del lavoro è cambiato. Anch’io sono cambiato.

Filippo Milazzo