Oltre ai migliori auguri di buon Natale e di un anno nuovo pieno di pace, offriamo ai lettori il primo intervento del nuovo Segretario per l’Animazione missionaria e un resoconto degli ultimi esercizi spirituali a cui hanno partecipato i missionari cappuccini in Turchia, senza dimenticare un saluto a padre Ivano, per oltre vent’anni segretario di quelle missioni che ha raccontato con passione senza bisogno della penna ma con la sua macchina fotografica.

Saverio Orselli

 Vai e ripara la mia città

L’impegno affidato a Francesco, rivissuto dai cappuccini nelle zone terremotate

 di Matteo Ghisini
Segretario per l’Animazione missionaria

 Una fraternità ad Amatrice

«Sono un terziario francescano cappuccino!» esclama il cardinal Bassetti, davanti ai presbiteri e religiosi radunati nella chiesa provvisoria di Amatrice, il giorno 30 agosto.

Da poco tempo alla guida della conferenza episcopale italiana, il cardinale è in visita alle zone terremotate, a nome dell’intera chiesa italiana. Il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, gli sta presentando l’esperienza della piccola fraternità cappuccina. «I cappuccini sono truppe d’assalto. Come non ricordare quello che hanno fatto a Milano durante la peste raccontata dal Manzoni nei Promessi Sposi?» dice il cardinale ai presenti. E poi, rivolto ai frati presenti: «Non potevate mancare in questo frangente!». Intorno a noi, una decina di preti: i parroci di queste zone e altri venuti in loro aiuto in questi mesi. Il Cardinale ascolta il racconto del vescovo e fa alcune considerazioni generali, toccando anche il tema dell’aiuto che la Chiesa italiana intende dare nel futuro, attraverso la Caritas. L’aiuto della Chiesa è stato veramente ingente finora, tutti lo riconoscono. Il vescovo di Rieti ha coordinato egregiamente le varie iniziative ed è stato molto presente sul territorio, a fianco dei parroci e vicino alla gente colpita dal sisma.
Come frati cappuccini siamo in questi giorni in due: fra Matteo dalla Provincia dell’Emilia-Romagna, e fra Francesco della provincia Romana. Fra Pierangelo della provincia Sarda è andato via da alcuni giorni. Diversi confratelli ci hanno preceduto ed altri verranno. È una bella sfida che i cappuccini italiani hanno accettato: è stato il vescovo Domenico, poco dopo il sisma, a chiedere questa presenza, e i provinciali italiani hanno aderito al progetto. La nostra piccola fraternità sta utilizzando due strutture fornite dalla Caritas: una serve da abitazione dei frati e una da chiesetta. Siamo a Sant’Angelo di Amatrice, a mille metri di altezza, a venti minuti di strada da Accumuli e venti da Amatrice. La distanza non è molta ma a causa delle macerie e del pericolo di crolli diverse vie sono chiuse e quindi il giro da fare è lungo.
Le macerie ancora presenti ovunque ricordano continuamente il sisma avvenuto un anno fa. Sembra che il tempo si sia fermato. Tuttavia queste macerie non hanno cancellato la speranza, anche se hanno messo a dura prova la popolazione. «Molti angeli sono venuti ad aiutarci da tutta Italia», dice Rita al termine della celebrazione di san Gabriele, avvenuta all’aperto nella frazione di san Tomasso. «Il sisma ha fatto emergere molte cose brutte ma anche tanta bontà», conclude Rita.
Il compito affidato ai frati è quello di assicurare l’assistenza pastorale a una zona che comprende diverse frazioni di Amatrice. Si tratta di celebrare l’eucarestia, di visitare le famiglie, di organizzare le varie feste e processioni, di far percepire a persone che hanno perso tutto, una vicinanza, una presenza. Questo è molto apprezzato dalla gente, che fa a gara per invitarci a mangiare da loro.
«Alcuni frati sono arrivati poche ore dopo il sisma e hanno aiutato a scavare tra le macerie», testimonia fra Francesco, proveniente dal post-noviziato di Viterbo, presente qui già a settembre 2016 e ritornato poi nei mesi di luglio e agosto 2017. «Poi si sono resi disponibili a dare una mano alla gente nelle stalle e nei campi. Ora il lavoro è meno materiale ma più di accompagnamento e di sostegno personale e comunitario», conclude fra Francesco, che rimarrà qui per tutto settembre, fino all’inizio dei corsi di teologia.

 Ricostruire il senso della comunità

In questi giorni molti stanno ricevendo le casette, evento molto atteso in vista del freddo che arriverà fra poche settimane. L’ultimo inverno, oltre a essere stato particolarmente rigido, con nevicate eccezionali, ha registrato anche forti scosse. Molti sono stati sorpresi e traumatizzati dal forte terremoto del 18 gennaio: la neve caduta abbondante non permetteva alle persone di uscire e quindi diversi hanno vissuto il sisma intrappolati in casa.
La consegna delle casette crea trepidazione e anche qualche discussione e litigio tra loro. Non è facile. «La presenza dei frati ci ha aiutato tanto; - dice una anziana donna - ci avete accompagnato in tutti questi mesi. È stato molto importante! Ci date il senso della comunità e della fraternità».
Martedì sera siamo andati alla “cena comunitaria” ad Accumuli, altro paese distrutto dal terremoto. Queste cene, proposte dalle Caritas di alcune regioni italiane presenti qui ad Amatrice, sono belle occasioni di incontro e di festa. Non poteva mancare la pasta alla amatriciana, del buon vino e tanta musica. Si cerca in più modi di fare comunità, di stare vicino.
In questa settimana, tra l’altro, ricorre l’anniversario di un anno esatto dal sisma: molte le iniziative di preghiera, tante le occasioni di incontro che diverse associazioni italiane cercano di organizzare, segno di tanta generosità della gente della nostra penisola. Lunedì sera, per esempio, sempre ad Accumuli, noi frati eravamo presenti per dare una benedizione alla partenza della fiaccolata che una parrocchia di Lecco aveva programmato. Una quarantina di giovani dell’oratorio lombardo, giunti insieme al sindaco di Lecco, erano venuti per consegnare una grossa cifra al comune di Accumuli, e sarebbero ripartiti il giorno dopo, percorrendo a piedi più di 500 chilometri, per arrivare a Lecco durante la sagra della parrocchia, con la fiaccola accesa, segno di unità tra le due comunità.

 Ricostruire l’autentico e non l’identico

Quale futuro per questa gente?
«La ricostruzione sarà vera o falsa. È falsa quando procediamo alla giornata, senza sapere dove andare», ha detto il vescovo mon. Pompili nell'omelia della messa celebrata il 24 agosto ad Amatrice alla presenza, tra gli altri, del premier Gentiloni e della sindaca di Roma, Virginia Raggi. «Mi chiedo, ha continuato il vescovo: siamo forse in attesa che l'oblio scenda sulla nostra generazione per lasciare ai nostri figli il compito di cavarsela, magari altrove? Rinviare non paga mai. Neanche in politica, perché il tempo è una variabile decisiva. La ricostruzione al contrario è vera quando evita frasi fatte ("Ricostruiremo com'era, dov'era") e chiarisce che ricostruire è possibile. Ma non l'identico bensì l'autentico. L'identità di un borgo storico è sempre dinamica e la storia non torna mai indietro. Ricostruire vuol dire sempre andare avanti. Anche Amatrice allora rinascerà. Ma è bene che conservi perfino le ferite, perché da quelle le future generazioni apprenderanno che la città, più che dalle sue mura e dalle sue vie, è fatta dall'ingegno e dalla passione di chi la edifica».
Occorrerà vedere quante persone in realtà si fermeranno in queste frazioni dopo metà settembre. Con la fine dell’estate, infatti, tanti che hanno qui la seconda casa torneranno a Roma; molti volontari presenti durante la bella stagione non ci saranno più; gli adulti che ancora non hanno trovato il lavoro perso resteranno? E le famiglie con bambini che magari devono affrontare disagi per la scuola? Speriamo che le cose si mettano per il meglio.
Un momento conviviale molto denso e fraterno è stata la cena che noi frati abbiamo preparato per alcuni preti, ospitandoli nella nostra struttura, rimediando qua e là piatti e bicchieri, e usando verdure del nostro piccolo orto. Era per il saluto ad uno di noi che partiva. Allietati ed edificati dai racconti di don Luigi, prete ottantenne di queste zone, fondatore del Cai e zelante pastore, abbiamo sperimentato una bella comunione tra noi. «Ho chiesto al mio vescovo di venire qui nei week-end -, dice Marcello a fine cena, unico seminarista della diocesi di Rieti -. Durante la settimana studio teologia ad Assisi. Sarebbe importante poter continuare il sabato e la domenica il mio servizio pastorale a santa Giusta, dove ho passato gli ultimi mesi insieme a padre Davide, sacerdote indiano che sta facendo il dottorato a Roma sulla missione». Padre Davide annuisce, sperando di poter essere presente, ma prima dovrà parlarne con il suo Provinciale.
Accompagniamo fuori i nostri ospiti, che ripartono. È tardi. Tutto ora tace. Il cielo è stellato. In lontananza i bagliori di un incendio si fa minaccioso sull’altro versante della montagna. A fianco della nostra struttura c’è la chiesa della frazione, finita di restaurare esattamente una settimana prima del sisma. È rimasta in piedi solo una parete.
Dentro di me si fa spazio il ricordo di un’altra chiesa, che minacciava rovina. In quella chiesetta, diversi secoli fa, un crocifisso si rivolse a san Francesco dicendogli “Va’ e ripara la mia casa che come vedi va in rovina”. E il giovane partì. Se ascoltiamo bene, anche a noi può capitare di percepire quell’invito. E la storia va avanti.

 ******

Per la piccola clinica di Duga in Etiopia la sera del 5 ottobre la provvidenza ha preso i volti delle persone che hanno organizzato e affollato l’apericena nello show room di Oggetti d'Autore di Forlì. Il nostro grazie va innanzitutto a Francesca, proprietaria del negozio, che ha accettato di sostenere la missione di Raffaello. Poi Angelo, amico di vecchia data del nostro missionario, e gli scout di Santa Santa Maria del Fiore di Forlì, che hanno aiutato a organizzare la serata. Poi tutti i generosi sostenitori che hanno lasciato un’offerta per questa preziosa e importante clinica. Insieme abbiamo potuto raccogliere 5.275,00 euro. A tutti voi: grazie!

 

 

 

 

******

In questo ultimo numero dell’anno, la rubrica In missione, a nome di tutti i lettori, vuole offrire uno speciale augurio di buon Natale e buon anno a padre Ivano Puccetti, incaricato di reggere il Segretariato per l’Animazione Missionaria dei cappuccini nel Capitolo del lontano giugno 1996, quando ancora la Provincia era divisa in emiliani e bolognesi-romagnoli. Dopo tanti anni di attento e premuroso servizio alle missioni, finalmente il Capitolo di quest’anno ha trovato un sostituto per padre Ivano, affidando l’incarico di Segretario a padre Matteo Ghisini, reduce da due mandati come ministro provinciale dei cappuccini dell’Emilia-Romagna.
Il debito di riconoscenza di Messaggero Cappuccino - ed in particolare di questa rubrica - nei confronti di padre Ivano è evidente: in ogni numero uscito in questi due decenni, cosa sarebbero stati i testi senza le sue foto attente, curiose e mai banali? Con la sua macchina fotografica, egli ha saputo dimostrare che si può raccontare la missione con passione, senza cadere nel pietismo o nella retorica rappresentazione dei poveri.
Un augurio speciale quindi a padre Ivano per ciò che l’aspetta ora e, per lo stesso motivo, a chi ne ha preso il posto.