La “Pasquina” in convento

Un’asina dà forza agli zoppi dopo aver dormito in convento

 di Vittorio Ottaviani
guardiano della Fraternità di Rimini

 T’amo, asina Pasquina

Un paio d’anni fa, i frati della Fraternità di Rimini sono stati richiesti di dare alloggio per una notte ad un ospite.

Essi, per onorare la nobile tradizione dell’accoglienza, sono stati ben lieti di aprire le porte del convento; anche se, a dire il vero, si trattava di un ospite insolito di nome “Pasquina”, simpatico asinello tipo sardegnolo.
La sorpresa dell’incontro è stata reciproca. L’asina era stupita nel vedere dei frati, mai visti nella sua breve vita e i frati nel vedere l’asina; per cui la bestiola viene subito fatta oggetto di carezze e lisciatine contro pelo, accompagnate da parole carine, simili a quelle che normalmente vengono riservate agli affetti più cari; e a fra Salvatore non sembrava vero di poter svolgere il nobile compito! Inutile dire che “Pasquina” ricambiava il tutto, con i suoi grandi occhi e scuotimento di coda.
E giunse il momento di trovarle un alloggio dignitoso, molto più che l’aria si stava caricando di pioggia: niente di meglio a tale scopo di una graziosa cappellina, posta lungo le mura dell’orto di Rimini!

Almeno così si pensava! Ed invece non era detto che ciò che piaceva ai frati dovesse piacere pure a Pasquina; anche se si trattava di un luogo quasi sacro. Ed infatti, dopo molteplici tentativi, chiaramente da inesperti, di introdurre “Pasquina” in cappella, vuoi per la ristrettezza del luogo vuoi per allergia al sacro, i loro sforzi parevano non sortire risultato apprezzabile. L’alternarsi dello scalciare e saltare o di entrambi e con tutta l’energia che la bestiola aveva in corpo, faceva chiaramente capire che il luogo non era di suo gradimento.
Finalmente, dopo lungo penare e pensare, per mettere in atto strategie ed astuzie, da parte dei frati e di alcuni laici, si è riusciti a rinchiudere l’asina, spossata e rassegnata, in cappella; avendo poi cura di chiudere con robuste asse e solidi chiavistelli. Non si sa quali sogni abbia fatto Pasquina nel trovarsi in clausura, sempre che di sogni si sia trattato e non di incubi! Chi può sapere cosa passa nella testa di un’asina?

Selfie, smartphone e asini biblici

I frati erano troppo intenti a smanettare con lo smartphone, per immortalarsi assieme alla bestiola in un selfie, dimenticando di pensare al rischio che correvano di essere considerati, in un confronto di volti, meno intelligenti del grazioso animale.
Sicuramente solo cinquant’anni fa le cose sarebbero andate diversamente, quando nei conventi, grazie ai fratelli questuanti si poteva godere della compagnia di un asino, o anche più e questo non solo per un giorno, ma per anni e anni, tessendo con le mite bestiole solide e prolungate amicizie;  dando, nel contempo, ai frati più spirituali l’occasione per meditare sull’asinello della Domenica delle Palme o del presepe, o che so io…pure sull’asina di Balaam; senza dimenticare i vari asini, che qua e là fanno capolino nelle fonti francescane.
Trascorsa la notte, incominciò ad albeggiare e con il buio scomparvero fantasmi e pensieri, lasciando spazio solo al baritonale raglio di “Pasquina” capace di squarciare il silenzio e “svegliare l’aurora”, oltre che i frati, per richiamarli al loro dovere della preghiera.

 Da Rimini alla Verna

E finalmente arrivarono anche gli addetti alla custodia di “Pasquina” per recuperarla, dovendo essa svolgere un importante compito educativo e di intrattenimento. Sì, perché l’Associazione Sportiva “Esplora Rimini” aveva organizzato per quei giorni, un percorso a piedi da Rimini alla Verna, assieme a numerosi ragazzi con deficit psico-motorio, allo scopo di fare esperienza di lentezza. Ed allora si erano detti: niente di meglio di un’asina a ritmare il passo, come gli antichi pellegrini!
Che dire? Di fatto accadde che, san Francesco da una parte ed un’asina dall’altra, compirono il miracolo di dare energia agli zoppi e forza agli storpi, tanto da far loro valicare colline e montagne.